17.07.2017 - Didattica
Viaggio nell’immaginario e nel linguaggio della meteorologia – Parte II

Riprendiamo il nostro cammino nel linguaggio e nell’immaginario legato alla meteorologia e alla climatologia intrapreso nella prima parte dell’intervista al semiologo e filologo dell’Università del Salento, Carlo Alberto Augieri.

(…)

 

La paura che attraversa la nostra epoca ha cambiato la percezione del nostro rapporto con la natura?

«Con la dimensione tecnologica il tempo non dipende dalla tecnica, ma vi reagisce. Il tempo, potremmo dire, è diventato un rapporto di paura con il mondo, che implica una condanna con l’abuso ecologico del nostro tempo. Potremmo dire che il tempo è legato alla paura ecologica della nostra epoca, una climatologia distopica. Oltre che della bomba atomica l’uomo ha paura del tempo nemico, ritorna l’archetipo del diluvio. L’immagine archetipica del diluvio ha ripreso piede come minaccia del mondo. Mentre nella bibbia era una punizione di dio, oggi è una risposta minacciosa della natura al peccato ecologico. Non c’è più l’aspetto del peccato morale, ma cresce quello ecologico, che consente la ribellione della natura. La natura è umanizzata perché può avere rispondenza di rivolta punitiva verso l’uomo e i suoi soprusi. Il clima diventa uno schermo della nuova paura a livello mondiale: l’apocalisse ecologica che si esprime con la tempesta».

Proprio la comparazione tra la tempesta e l’ espressione “bomba d’acqua” offre degli spunti interessanti anche dal punto di vista antropologico e semantico. Può analizzare queste espressioni?

«Senz’altro. La tempesta è collegata a un insieme di componenti che raggruppati formano il collettivo del clima. La bomba d’acqua è invece proprio l’acqua che diventa minacciosa cadendo dall’alto, causando morte e distruzione. Ma è una qualità trasferita all’acqua. La tempesta implica anche vento, tuono, lampo. La pioggia cade in modo abnorme, violento, massivo. Il suo sconvolgere nell’essere portatrice di rovina assomiglia a una bomba. Sottintende un rapporto di guerra, non più di amore, tra l’uomo e la natura. E a entrare in guerra, che è la peggiore connotazione del rapporto tra umani, non è più l’uomo, ma la natura. Perché si difende dalla tracotanza umana nei confronti della sua maternità. La vecchia idea di natura matrigna viene ad avere una giusta causa, prima era relegata all’idea di destino avverso all’uomo, che ne era innocentemente vittima. Qui ora non c’è un destino nei confronti dell’uomo, ma un’idea di rivolta, di vendetta meritata, di guerra contro di esso. Connotare in questo modo un violento fenomeno, quando l’espressione “bomba d’acqua” può essere usata a proposito, è l’espressione di un autolesionismo da parte dell’essere umano. Perché mentre il destino ha dell’arcano – ricordiamo la natura matrigna del Leopardi – qui ci troviamo invece in un rapporto causa-effetto. La natura non è matrigna, lo diventa. È la vendetta di una madre offesa, che si avventa contro l’uomo che la sfrutta. Diventa così una critica alla società così come si è imposta».

 

Il professor Carlo Alberto Augieri

C’è l’aspetto di un reale cambiamento dei rapporti tra uomo e natura, ma abbiamo sotto gli occhi continui esempi di esasperazione del linguaggio che aumentano in maniera distorta la “percezione del rischio”.

«Come in molti aspetti della vita contemporanea, anche nella meteorologia quotidiana, quella che non descrive davvero fenomeni violenti, la paura effettiva viene esasperata, ma al livello comune c’è sempre una emotività che crea l’iperbole del reale. L’influsso dell’industria massmediatica e del marketing offrono questo spettacolo: destare paura è sempre stato un atteggiamento del potere, perché questo crea l’idea di soccorso e di aiuto. Un dato di fatto è reale: tanta anidride carbonica ha causato uno squilibrio del rapporto entro la composizione dell’atmosfera. Gas serra, effetto serra, realtà. Di fronte alla natura l’uomo continua a sentirsi piccolo, inerme. La nuova globalizzazione del disastro ecologico causa la paura. Chi minimizza dice il vero oppure lo fa per permettere alle industrie di inquinare senza problemi?»

E chi invece produce uno squilibrio informativo, disegnando un fenomeno intenso come una catastrofe?

«Come in tutte le cose il ruolo delle due culture, umanistica e scientifica, è importante. Unite hanno un ruolo critico e forniscono una coscienza critica che sensibilizza a una reale considerazione dei fenomeni atmosferici. I sintomi con cui oggi la natura ci parla devono essere interpretati come un linguaggio della natura che ci invita all’attenzione, al non abuso, al non sfruttamento. L’eco-umanesimo vorrebbe essere un ripristino di quello che ogni utopia ha sempre sognato e sta alla base delle religioni, con l’idea della vita da vivere come un giardino, perché alla natura che fiorisce per l’uomo corrisponda un uomo che custodisca la natura».

Autore Andrea Aufieri

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