26.04.2015 - Didattica
Un'alta pressione può generare tempeste?

Tempeste di alta pressione: ne avete mai sentito parlare? Evidentemente no, dato che non possono esistere. La questione, a prima vista, potrebbe sembrare banale, tuttavia solo addentrandoci nel suo significato fisico e matematico, possiamo dimostrarlo nero su bianco. La soluzione del nostro quesito parte tracciando per prima cosa l'identikit delle nostre basse e alte pressioni: sul piano verticale una bassa pressione è una circolazioneche entro la quale convergono masse d'aria nei bassi strati. L'accumulo di aria , non potendo sfogare verso il basso (dove c'è il suolo) crea una colonna d'aria che salendo, toglie peso (ecco perchè si dice bassa pressione) rispetto alle zone circostanti. La salita provoca condensazione e quindi formazione di nubi e precipitazioni. L'alta pressione è l'esatto opposto: le masse d'aria convergono in quota e l'accumulo di aria che ne deriva, non potendo sfogare verso l'alto a causa del “tappo” opposto dalla stratosfera, crea una colonna d'aria che, scendendo, aggiunge peso rispetto alle zone circosanti (ecco perchè si parla di alta pressione). In questo caso l'aria in discesa incontra pressioni via via maggiori, dunque si comprime e si riscalda, dissipando le nubi e portando dunque il bel tempo.

Ma per comprendere quel che fa davvero la differenza tra i due soggetti sinottici, occorre esaminarli sul piano orizzontale. Nella bassa pressione l'aria non sale in verticale, bensì si avvita ruotando in senso antiorario attorno al proprio asse (nell'emisfero settentrionale). Nascono così tre forze: la forza di gradiente (G), che porta l'aria dall'alta verso a bassa pressione in via diretta, la forza centrifuga (C), che porta l'aria dal centro verso l'esterno e la forza di Coriolis (CO), che interviene a causa della rotazione terrestre. Ebbene, tralasciando l'ulteriore deviazione dovuta all'attrito nel caso di una bassa pressione al suolo, queste tre forze tendono a giungere ad uno stato di equilibrio che è noto in quota come Vento Geostrofico. Quest'ultimo si presenta pressochè (quasi) parallelo alle linee di uguale altezza geopotenziale (isoipse). La relazione che nasce tra le tre forze può essere schematizzato come segue: G=CO+C, ossia la forza di gradiente è uguale alla somma tra la forza di Coriolis e la forza centrifuga. La forza centrifuga in pratica “aiuta” quella di Coriolis a compensare il vento di gradiente e quindi, in definitiva la nostra bassa pressione, che può dunque approfondirsi sino a tempesta o uragano.  

Nel caso dell'alta pressione invece succede questo: C0=G+C, ossia la forza di Coriolis fa più fatica a contrastare le forze di gradiente e centrifuga che si sommano tra loro. Se ne deduce che, all'aumentare delle forze di gradiente e di quella centrifuga si arriverà ad un punto in cui la forza di Coriolis si annullerà e poi diventerà addirittura negativa, quindi incapace di compensare le forze che agiscono verso l'esterno. Ecco che l'anticiclone si indebolisce e si dissipa. Non si arriverà mai ad una tempesta.

Matematicamente parlando, senza tuttavia entrare nel dettaglio della formulazione, è interessante notare che nel caso della bassa pressione l'equazione che ne descrive il moto ci restituisce sempre una soluzione nel campo dei numeri reali, qualunque sia il gradiente barico (G). Nel caso dell'alta pressione invece la forza centrifuga (C) cresce con il quadrato della velocità del vento, mentre quella di Coriolis cresce linearmente, diventando dunque ad un certo momento incapace di compensarla. La nostra equazione ammette soluzioni reali fino ad un certo punto, dopodichè ci restituisce almeno una soluzione uguale a zero (l'alta pressione si indebolisce) e quindi nessuna soluzione reale (l'alta pressione si dissipa).

Un ultimo appunto: all'Equatore, dove viene a mancare la forza di Coriolis, si ha: G+CE=0. I più esperti avranno certamente capito che questa equazione non ammette soluzioni reali, il che vuol suggerirci che all'Equatore non possono esistere alte pressioni.

Luca Angelini

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