31.03.2015 - Cronaca Meteo
Oltre 30 Tornado in Italia nel 2014

(Tromba marina fotografata il 23 agosto 2014 nei dintorni di Genova dal cacciatore di temporali Andrea Tritto, quel giorno se ne avvistarono addirittura una quindicina!)

 

Siamo due ragazzi di 20 anni, appassionati fin da bambini di meteorologia. “Tornado in Italia” è il nostro piccolo progetto di classificazione e analisi dei tornado, iniziato nel gennaio del 2014. I fenomeni estremi e in particolare i tornado ci hanno sempre attratto, così, cercando di capire qualcosa in più ci siamo posti questa domanda: “quanti tornado toccano il suolo italiano ogni anno?” Abbiamo quindi iniziato un lavoro di schedatura e annotazione di date, località, tipologia dell’evento, foto, video e carte meteorologiche. Quello che ne è venuto fuori è interessante, sono ben 33 i tornado che hanno toccato il suolo nel 2014. Difficile dire se questi fenomeni sono in aumento rispetto al passato, prima d’ora i dati sono pochi e parziali. Bisogna tenere presente che se 30 anni fa una tromba d’aria toccava il suolo tra le risaie del vercellese, questa era vista dal contadino che lì lavora e da pochi altri. Ora è molto più facile venirne a conoscenza grazie alle segnalazioni sul web e sui social network; è  infatti proprio grazie a Facebook e alle segnalazioni delle persone sulla nostra pagina Facebook “Tornado in Italia” che siamo venuti a conoscenza della maggior parte degli eventi.

 

DOWNBURST O TORNADO?

 

Spesso dopo violenti temporali caratterizzati da forti raffiche di vento si sente parlare di “tromba d’aria” o tornado (sono sinonimi!); in realtà il più delle volte, i danni causati dal forte vento sono da attribuire a quello che in gergo viene chiamato downburst, ovvero una forma particolarmente violenta di corrente discendente (downdraft) della nube temporalesca. Nei temporali più violenti, come quelli a supercella, le raffiche di downburst possono raggiungere velocità prossime ai 100km/h, simili a quelle di un tornado “debole”. Vi è però una differenza fondamentale: le raffiche di downburst si propagano linearmente, i venti associati ad un tornado ruotano intorno ad un asse verticale. Quello che contraddistingue un tornado o una tromba d’aria dalle raffiche di downburst, è il classico imbuto, che a seconda dei casi può essere più o meno condensato.

Un’altra notevole differenza sta nei danni che essi causano. La traccia dei detriti da downburst ( i rami spezzati, i pali, gli alberi ecc) ha un andamento che diverge a partire da una linea centrale nel core del downburst. È quindi disposta a ventaglio. I downbursts interessano un territorio avente diametro di qualche km.

L’area colpita da un tornado è in genere molto minore (dall’alto si può vedere la classica traccia lunga e stretta). La traccia dei detriti lasciata dalla nube ad imbuto è disposta in modo circolare. Si possono vedere tronchi di alberi spezzati o scorticati e pericolosissime schegge conficcate nei muri. Anche per questo è bene osservare questi eventi da molto lontano!

 

(Piccolo tornado non mesociclonico a Genova (25 febbraio), foto di Davide Monetti)

 

CI SONO TORNADO ITALIANI E TORNADO AMERICANI…  MA SARA’ VERO?

 

Ebbene no, i tornado non hanno differenze di razza (le leggi fisiche sono uguali in ogni parte del mondo!), ma di pelle sì, vi sono infatti due principali tipologie: tornado mesociclonici e non mesociclonici.

Un tornado si definisce mesociclonico quando la nube temporalesca o cumulonembo, da cui è originato, ha un mesociclone. Ma cos’è un mesociclone? Ogni nube temporalesca possiede a grandi linee due correnti, una ascendente e una discendente. Si parla di mesociclone quando la corrente ascendente ruota (di solito in senso antioraro nel nostro emisfero). Il mesociclone non è altro che l’area in cui avviene la rotazione. Il cumulonembo viene in questo caso chiamato “supercella”. I tornado così formati sono i più potenti e intensi.

E i tornado non mesociclonici? Questi non hanno bisogno di una supercella, ma possono formarsi da un qualsivoglia cumulo congesto o cumulonembo.

 

 

(Landspout di Maserada sul Piave (23 marzo 2014), foto di Giorgio Pavan)

COSA SI INTENDE PER LANDFALL E LANDSPOUT?

 

Il landfall avviene quando una tromba marina (un tornado formatosi sul mare o su un lago) tocca la terraferma. Importante far notare che il landfall non è dunque una vera e propria tipologia, infatti i tornado sono o mesociclonici o non mesociclonici (nella tabella il termine “landfall” si trova sotto la voce tipologia per dividere i tornado che si sono formati direttamente sulla terraferma da quelli formatisi sul mare e che hanno poi toccato terra).

Il landspout è un tornado non mesociclonico.

 

(Il momento del lanfall a Diamante (1 settembre 2014)! Fonte Meteonetwork Calabria Onlus)

 

COME SI MISURA L’INTENSITA’ DI UN TORNADO?

 

Misurare la velocità del vento di un tornado è piuttosto complesso, bisognerebbe infatti lanciare all’interno di esso un anemometro. Così, nel 1971, il Prof. Fujita ha ideato una scala in base alla quale ad ogni tipologia di danno causato dal tornado veniva associata una velocità del vento. Questa è la Scala Fujita. Studi successivi l’hanno poi migliorata e aggiornata finchè nel 2007 si è passati dapprima alla Scala Enhanced Fujita derivata (EF) ed in seguito alla Scala Enhanced Fujita operativa . Più complessa e precisa delle precedenti tiene conto di molte più tipologie di danni. I gradi della scala Enhanced Fujita operativa vanno da EF0 a EF5.

EF0: venti  compresi tra 104 e 137km/h

EF1: venti compresi tra  138 e 177km/h

EF2: venti compresi tra 178 e 217km/h

EF3: venti compresi tra 218 e 266km/h

EF4: venti compresi tra 267 e 322km/h

EF5: venti maggiori di 322km/h

 

EVENTI DEL 2014

 

Ecco la lista di tutti gli eventi documentati che quest’anno hanno toccato il suolo italiano; le trombe marine non sono contemplate essendo probabilmente diverse centinaia e quindi di difficile stima. La regione con più tornado è il Veneto, ne sono stati segnalati ben 5! Il mese con più eventi è agosto a cui segue luglio. Si ricordi infatti come quest’anno, i mesi estivi, siano stati piuttosto perturbati. Infine come era da aspettarsi la maggior parte dei tornado è di tipo non mesociclonico (82%), mentre solo il 12% è associato ad un mesociclone. I tornado sono stati per lo più di debole intensità; solo uno ha raggiunto con certezza il secondo grado della scala EF, il tornado di Nonantola (Emilia Romagna) del 30 aprile.

 

(Mappa creata da noi con tutti gli eventi del 2014)

 (Spettacolare tornado EF2 di Nonantola, fonte Youreporter.it)

 

Sperando di non avervi tediato troppo, ecco un piccolo approfondimento un po‘ tecnico!

LA PREVISIONE DEI TORNADO IN ITALIA E’ POSSIBILE?

 

No, non è possibile una previsione o meglio questa previsione è soggetta ad un errore elevatissimo. Per quanto riguarda i tornado mesociclonici, oltre allo studio dei modelli a scala globale e dei modelli matematici ad alta risoluzione in generale (Limited Area Model), ci si può avvalere di quelli che vengono chiamati “indici termodinamici” , speciali valori che mettono in correlazione alcune caratteristiche termodinamiche dell’atmosfera e che si è visto che statisticamente (per lo più sul suolo americano) hanno portato alla formazione di tornado. Questi indici (SWEAT, EHI, SREH) , molto in voga tra gli appassionati, sono però sviluppati per le grandi pianure statunitensi e sul variegato suolo italiano risultano avere un errore probabilmente maggiore. Si può quindi solo stabilire a grandi linee un’area di rischio, ma è impossibile indicare il luogo e l’ora esatta.

La previsione di tornado non mesociclonici è invece praticamente impossibile sul suolo italiano, poiché la loro genesi, come spiegato più avanti, risiede nella convergenza di venti al suolo. Questa convergenza può variare per moltissimi fattori legati anche all’orografia, e ha una scala così ristretta nello spazio che è molto difficile che sia individuata da un modello inizializzato con dati che già in partenza presentano errori e che simula la realtà tramite equazioni fisiche.

Un po’ più precisa è la previsione delle trombe marine, eccone un esempio: possiamo notare la circolazione dei venti al suolo dalle immagini (sotto) sviluppate dai modelli meteo “Lamma” e “Meteonetwork” il giorno 6 novembre. Sul Mar Ligure sono presenti due minimi di pressione al suolo (contrassegnati dalla lettera “B“ aggiunta da noi). Ricordando come intorno ai minimi di pressione il vento ruoti in senso antiorario, si può facilmente vedere che il minimo posto a sud ovest della Liguria richiama verso nord est, l’aria calda e umida presente sul mare. L’altro minimo “B” a nord est, agevolato dalla caduta, attraverso le valli montuose, di aria più fredda presente sulla pianura piemontese, spinge quest’aria verso sud. Si forma così una linea di convergenza (linea bianca). Lungo questa linea, proprio perché sopraggiungono due venti che hanno direzione diversa, si possono formare alcuni vortici detti “misocicloni”. La tromba marina si innesca allorquando una corrente ascensionale si sovrappone ad uno di questi misocicloni nei bassi strati, determinando un rapido “stretching” verso l’alto del vortice che presenta già un asse verticale.

 Questa piccola analisi ci fa quindi capire quanto sia bassa l’attendibilità di una “previsione” del genere. Linee di convergenza si formano spesso, ma i tornado che si originano da esse sono ben pochi. In questo caso però le trombe marine generate furono diverse (foto sotto).

Come diceva il grande Andrea Baroni:”La meteorologia è una scienza inesatta, che elabora dati incompleti, con metodi discutibili per fornire previsioni inaffidabili”.

  

(immagine dei venti al suolo elaborate quel giorno dai modelli previsionali  “MeteoNetwork”)

(immagine dei venti al suolo elaborate quel giorno dai modelli previsionali  “Lamma”)

 

 

(Due delle trombe marine del 6 novembre sul Mar Ligure, un ringraziamento a Liguriainside.it per la concessione)

               

Ricordatevi di passare sulla nostra pagina Facebook “Tornado in Italia”, abbiamo bisogno di segnalazioni e foto per migliorare il lavoro. Un ringraziamento speciale a  “Rete Meteo Amatori” per il supporto nella presa dati.

Stefano Salvatore e Federico Baggiani

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