05.01.2013 - Cronaca Meteo
Riscaldamenti stratosferici: facciamo un po' di chiarezza

Vi sarete accorti, in questi giorni di fermento, che negli “ambienti” della  meteo se  ne stanno vedendo di tutti i colori: sfoghi da frustrazione collettiva, maledizioni contro gli stratwarming, gente che si accapiglia per stabilire la tipologia esatta del warming. In questo stato di confusione noi crediamo che si stia perdendo un poco il bandolo della matassa: per capire ed inquadrare meglio l’evoluzione futura è molto più importante comprendere le reali dinamiche  ed i fenomeni che sono alla base di un evento “straordinario” come un MMW.
Iniziamo con il chiarire che i riscaldamenti stratosferici, ed in generale movimenti che portano ad un deciso disturbo del Vortice Polare (VP), sono legati sempre ai fenomeni di propagazione dell’onda planetaria più importante, ovvero l’onda asiatico-pacifica (wave 1). Pertanto, per comprendere a priori le potenzialità di un inverno, basta ricercare le cause che potranno favorire una buona azione della wave 1. Tralasciando i fattori sempre presenti (come ad esempio la catena montuosa dell’Himalaya) i principali fattori variabili da anno in anno che sono maggiormente in grado di guidare l’azione dell’onda sono:
1)   estensione dello snow-cover in area asiatico-siberiana: è risaputo che una copertura nevosa molto estesa su questo settore favorisce la formazione di un forte e persistente anticiclone a carattere termico. La sua presenza costituisce un ulteriore e fondamentale elemento di disturbo nei confronti del getto polare che viene portato così ad oscillare. In particolari condizioni tale oscillazione può arrivare ad approfondirsi portando alla formazione di onde planetarie in grado di propagarsi in alta stratosfera. Se l’onda poi è sufficientemente lunga tale da essere stazionaria, essa tende a stazionare a lungo sul Pacifico, comportando il rafforzamento dell’anticiclone stratosferico delle aleutine (PNA +):

Tale circostanza spiega il perché della straordinaria validità del predictor di Cohen.
I fattori che più di tutti sono in grado di modulare il precoce innevamento in area siberiana sono il ciclo ENSO e l’attività solare (vedi predictor AO sviluppato da even nel 2007) . In particolare, come dimostreremo meglio in futuro, è proprio su questo elemento che si basa la forte interazione tra bassa attività solare e clima più rigido in Europa negli anni di prolungata bassa attività solare (vedi PEG).

2)   attività solare e QBO;  l’oscillazione dell’attività solare (raggi UV), intervenendo sul  processo di produzione dell’ozono stratosferico sulle regioni tropo-equatoriali,  è in grado di alterare il regolare processo della SAO (semi-annual-oscillation),andando a modulare  il regime dei venti zonali nell’alta stratosfera-mesosfera tropicale. In particolare negli anni di bassa attività solare si registra un indebolimento della SAO, apportando delle ripercussioni sull’intera colonna d’aria:  negli anni di QBO negativa l’anomalo indebolimento della SAO tende a rafforzare e a prolungare il regime esterly della QBO (QBO negativa). Tale circostanza aiuta ad avere un medio-basso VPS mediamente meno intenso soprattutto nella prima parte dell’inverno, quando il normale processo di raffreddamento radiativo tende ad approfondire maggiormente il vortice. Tutto ciò si traduce in una riduzione dello wavenumber e dunque  in una maggiore possibilità di un approfondimento della wave 1, anche nelle primissime fasi della stagione;

All’inizio di ogni stagione invernale, contemporaneamente all’approfondimento  delle velocità zonali stratosferiche,  si sviluppano, proprio in territorio asiatico, le prime onde in grado di apportare i primi disturbi ai danni del VP. Tale circostanza, che impedisce al VP stesso di raggiungere eccessiva intensità, è strettamente correlata alla peculiare conformazione dell’emisfero boreale. In questa fase le onde non hanno caratteristiche tali da risultare stazionarie, e la situazione evolve in una loro rapida traslazione verso il settore canadese, generando i primi CW. Si tratta di un processo fisiologico che porta ad un progressivo indebolimento del VP e che può sfociare, in una fase più avanzata, in un deciso warming stratosferico. Negli anni più sfavorevoli (a livello teleconnettivo), tale processo richiede tempi molto lunghi e risulta pertanto  inevitabile la transizione in uno stato da NAM++.
Al contrario, quando si verificano le circostanze sopra citate (vedi punti 1 e 2),  già a fine novembre-inizio dicembre tende ad instaurarsi un’anomala (visto il periodo) wave 1 che porta ad un evoluzione  invernale molto diversa e ben più dinamica.  Nel cuore della PEG, quando simili configurazioni erano all’ordine del giorno,  inverni dinamici ed in molti casi gelidi si presentavano con estrema frequenza (da qui si capisce il vero significato della PEG).
Per non dilungarci eccessivamente e non perdere troppo di vista la situazione attuale, concentriamoci sulle dinamiche relative alla stagione in corso. Proprio all’inizio dell’inverno (fine novembre), in virtù di uno snow cover straordinariamente esteso, la wave 1 si è presentata da subito particolarmente energetica e discretamente stazionaria, producendo una spiccata ellitticizzazione del VP con precoce tentativo di split.

La conseguenza diretta consiste naturalmente nello sviluppo di una poderosa onda planetaria a partire dal settore asiatico ed  in grado di divenire rapidamente stazionaria sul Pacifico (vedi prima immagine).   A livello “indiciale” detta situazione è ben testimoniata da alcuni fattori strettamente correlati con la dinamica di propagazione ed infrangimento della poderosa wave 1:
1)   inversione e rapido approfondimento della circolazione esterly nell’ambito della mesosfera equatoriale;
2)   approfondimento della MJO sui settori pacifici (zone 6 e 7).
Il grado di approfondimento dell’onda di Kelvin su tali settori è infatti strettamente correlata alla stazionarietà dell’onda pacifica (wave 1) attraverso una famosa circolazione meridiana nota come BDC (Brewer-Dobson-Circulation). Difatti,  quando un'onda stazionaria planetaria raggiunge la stratosfera, deposita il suo momento esterly, decelerando la corrente a getto stratosferica invernale che è westerly.  In queste occasioni il vortice polare rallenta e può anche essere spostato o splittato. La deposizione di quantità di moto est nella stratosfera polare e il rallentamento del getto polare è conosciuto come “breaking wave”. Tale circostanza produce per attrito il fenomeno del riscaldamento stratosferico improvviso. Il risultato è una situazione che è termodinamicamente squilibrata. A questo punto, per ripristinare l’equilibrio radiativo, a partire dall’alta stratosfera inizia rapidamente un processo di raffreddamento. Il raffreddamento dell'aria è accompagnata da movimenti di affondamento, dal momento che l'aria più fredda è più densa e affonda. E' questo movimento che determina lo spostamento d’aria lungo i meridiani dall'equatore al polo nell'emisfero boreale in inverno. Infatti l'aria discendente nella regione polare deve essere bilanciato da un flusso di aria verso verso i poli.
Per requisiti di continuità di massa, questa aria deve venire dai tropici, e precisamente dalla troposfera tropo-equatoriale.  La BDC costituisce dunque quella cella circolazione in cui l’aria tropicale muove verso i poli per sostituire l'aria discendente ai poli. Pertanto, quando una wave 1 stazionaria penetra nella stratosfera polare depositando il suo momento esterly (e producendo un grande warming per attrito), per continuità di massa si ha una forte  impennata  della BDC con conseguente istantaneo incremento della quantità di aria entrante in  stratosfera attraverso la tropopausa equatoriale (di qui il famoso innalzamento della stessa ed aumento dlla quantità di ozono sul polo). L’improvvisa intensificazione di detti  movimenti ascendenti ai tropici portano ad un significativo incremento dell’attività convettiva sui settori centro-occidentali del pacifico, segnalata dal passaggio forte e duraturo della MJO in zona 6 e 7 e da un’ intensificazione della GWO.

Questo fenomenologia spiega due fatti fondamentali e che in pochissimi conoscono:
1)   per i requisiti di continuità di massa le wave stazionarie  in grado di propagarsi in stratosfera sono localizzate sopra i due oceani maggiori. In particolar modo la wave numero 1  (anticiclone stratosferico delle aleutine) è ovviamente collocata sull’oceano maggiore;

2)   negli inverni in cui si manifestano condizioni favorevoli allo sviluppo della wave 1 sul Pacifico è particolarmente favorita la convezione sui settori centro-occidentali. E’ per questo che in questi inverni (che coincidono quasi sempre ad inverni particolarmente freddi e/o nevosi sull’Europa) sul Pacifico si riscontrano condizioni di Nino ovest/Nina est based.

Tornando nuovamente all’attualità, la formazione di una potente onda stazionaria sul Pacifico (la cui storia parte da almeno metà dicembre), sarà segnalata da un impennata della MJO proprio sopra i suddetti settori in seguito  al riassorbimento del warming alle quote superiori (che inizierà proprio a partire dal Pacifico):

Come nella presente situazione, quando un onda altamente stazionaria riesce a propagarsi nella prima fase dell’inverno (per via della situazione teleconnetiva di partenza;vedi punti 1 e 2 iniziali) e quindi in un contesto di velocità zonali relativamente alte, la dinamica può facilmente sfociare in uno split (l’onda non riesce e ad “annullare” rapidamente il vortice da sola e deve ricevere l’aiuto dall’opposta onda atlantica). Ribadiamo che si tratta di una situazione molto conforme a quella attuale (ed è per questo che siamo riusciti a prevedere lo split con tanto anticipo). Tuttavia la particolare fase di innesco, diversamente dalla classica dinamica di split, che prevede una separazione quasi simmetrica del VPS in due lobi grazie all’azione di entrambe le onde planetarie, risulta quasi totalmente a carico della wave 1 e nasce dalla dislocazione del VP sul settore euroasiatico a seguito della fase DA+ . Il forcing troposferico pertanto, generato degli attriti tra hp siberiano e VPT nel tentativo di bilanciare il suo decentramento (principio di conservazione del momento angolare), contrariamente ad un MMW di tipo displacement, si troverà bloccato sul settore est asiatico proprio a causa delle particolari condizioni che lo hanno generato ovvero un forte riduzione delle velocità zonali conseguente alla dissipazione di energia cinetica in energia termica: questo permetterà la stazionarietà dell’onda planetaria e l’ulteriore sviluppo di flusso di calore che porterà allo split del VP in stratosfera ma con un lobo canadese molto più importante di quello asiatico. Ci troveremo quindi in presenza del cosiddetto fenomeno di risonanza causato dalla forzante termica e orografica sul settore asiatico come effetto dell’instabilità baroclina della colonna d’aria(la componente di trasferimento dei flussi verticali è proporzionale al trasferimento di calore orizzontale  che è generato dagli attriti) .
Gli effetti in troposfera, proprio a causa della particolarità che ha generato l’evento stratosferico, non potranno che tradursi con un asse ruotato in senso antiorario (Groenlandia-labrador/est siberia) rispetto a quello classico (canada centrale/siberia centrale).
La conseguenza di una siffatta dinamica si pensa che probabilmente non si tradurrà immediatamente in uno split troposferico in quanto il trasferimento di calore dall’alto, e quindi di energia potenziale, non riuscirà a cumularsi sul settore aleutinico ma su quello atlantico andando a generare una potente wave 2 che catapulterà tutta l’europa in una morsa di gelo..solo in seguito all’aumentare dell’ampiezza dei flussi atlantici fino nella media stratosfera, riducendo quindi in modo consistente le velocità zonali si assisterà alla ripartenza della wave 1 troposferica con split e recrudescenza del freddo…Si vuole sottolineare come in queste condizioni strato-troposferiche tali meccanismi vengano ad autoalimentarsi fino all’annullamento delle condizioni che li hanno generati..rispetto alla classica dinamica split, che tranne in poche occasioni ci ha visto protagonisti, è una delle rarissime occasioni, almeno nell’ultimo trentennio, nelle quali un‘ondata di freddo può assumere connotati di persistenza ed intensità sul settore russo ed europeo.

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