L'autunno ormai alle spalle, con le sue mostruose anomalie termiche e pluviometriche, ci invita senz'altro ad una riflessione: normalmente tali situazioni, con il tempo che si inceppa, si generano per la presenza dei cosiddetti anticicloni di blocco. Non è però questo il caso. Attualmente lungo l’emisfero non è in atto alcun blocco atmosferico, tale da giustificare la presenza così persistente dell’anticiclone sul quadro europeo. La vera anomalia risiede infatti nella posizione della cosiddetta “storm track”, ossia l’asse di scorrimento delle correnti perturbate, decisamente più a nord della norma, anche a causa di un vortice polare particolarmente freddo e profondo. Una situazione simile a quella che si prestò ad entrare negli annali della climatologia europea nel lontano “non inverno” del 1989-90, quando la presenza delle alte pressioni sul suolo europeo durò la bellezza di 100 giorni tra dicembre e marzo.
Ora, al di là di questo raro evento climatico (tempo di ritorno circa 25 anni), spesso ci si chiede perchè le alte pressioni diano l’impressione di essere proiettate verso l’Europa e il Mediterraneo. E’ solo sugestione, una fissazione mentale o un dato di fatto? E se è un fatto reale perchè mai accade così?
Uno studio condotto da Molteni e Tibaldi, che hanno forgiato l’omonimo blocking index, ci viene incontro, fornendo le risposte cercate: per motivi legati alla circolazione generale dell’atmosfera la longitudine di 0° e quella di 180° sono quelle dove con maggior frequenza si verificano situazioni di blocco anticiclonico. Il fenomeno è più frequente nella stagione invernale, quando diventa una vera e propria anomalia climatica. Attenzione quindi a non confondere le consuete circolazioni anticicloniche o cicloniche semi-permanenti (vedi ad esempio alta delle Azzorre o ciclone d’Islanda) con i settori dove si verificano con maggior frequenza i blocchi, che invece sono considerate anomalie.
Guarda caso la longitudine di 0° è quella di Greenwich, con l’Italia subito vicino, leggermente spostata verso est, sono proprio le fette di globo interessate con maggior frequenza da situazioni bloccanti. Come vedete dai grafici, riferiti al trimestre invernale dicembre, gennaio, febbraio, la longitudine del Mediterraneo occidentale alle porte dell’Italia è addirittura una di quelle maggiormente interessate da situazioni di blocco dell’intero Pianeta. L’altra longitudine, quella di 180°, si perde sul bel mezzo del Pacifico, esattamente sulla linea del cambio di data, dove non esistono terre emerse se non atolli sperduti.
Tecnicamente per conoscere se ci si trova in situazioni di blocco si valutano indici dal nome impossibile come GHGN (Gradiente dell’Altezza Geopotenziale Nord) e GHGS (Gradiente dell’Altezza Geopotenziale Sud). In buona sostanza, semplificando, si calcola con opportune equazioni lo scarto tra l’altezza media del geopotenziale di 500hPa (5.500 metri) alle latitudini di 40°N, 60°N e 80°N. Se tale differenza (gradiente) è superiore a 10 metri geopotenziali, ci troviamo in condizioni di blocco totale o parziale. Confrontando poi questo dato con il valore medio del periodo 1950-2000, si possono trarre importanti informazioni di utilità statistica e climatologica.
E’ bene ricordare anche che tali anomalie persistono in media 2-3 settimane, ma dobbiamo considerare che reiterate condizioni di blocco possono determinare la rigenerazione continua dell’onda anticiclonica con un protrarsi dell’anomalia anche per qualche mese.
E’ stato rilevato inoltre che la frequenza e l’intensità dei blocchi atmosferici subisce alcune modifiche in relazione al ciclo dell’ENSO e risulta più tenace in caso di El Nino (la situazione attuale), meno nei casi neutri o di La Nina. Questo perchè tale ciclo modifica la distribuzione della pressione sul comparto pacifico e indiano portando allo sviluppo di onde atmosferiche (alte e basse pressioni) di lunghezza e parametri appropriati al rallentamento e al blocco.
Luca Angelini