08.07.2014 - Didattica
Nubifragi e grandinate: l'evidenza di un mito da sfatare

Stamani alcuni quartieri di Milano si sono svegliati completamente allagati dall'esondazione del fiume Seveso. Non è la prima volta che accade, e non sarà l'ultima.
I problemi sono sempre i soliti, in particolare il fatto di aver costretto un fiume a scorrere in un letto stretto, per lunghi tratti modellato dall'uomo, che alla prima occasione viene vinto dalle forze naturali come accade in tante altre città in simili condizioni.

Ok, ma stavolta ha piovuto DAVVERO forte, e tanto; non solo a Milano, ma lungo tutto il bacino e ancor più a monte: si contano parecchie zone che hanno registrato picchi ben oltre i 100 millimetri in 3 ore, se non fino a 150 verso le Prealpi.
E allora in questo caso è giusto parlare di nubifragio, di un fiume che forse non avrebbe potuto reggere questa portata anche in un letto naturale, di disagi che magari non erano prevedibili nei dettagli, ma che quel grosso temporale non poteva certo risparmiare.
Il tutto poi è stato preceduto, ieri, da altri forti temporali sparpagliati lungo le pianure del Nord Italia.

Tutta questa lunga premessa per parlare in realtà di altro, del fatto che per avere temporali e piogge eccezionalmente abbondanti non è necessario avere chissà quali condizioni di partenza dal punto di vista delle temperature e della umidità.
Nei giorni scorsi in Pianura Padana ha fatto caldo, sì, ma senza particolari eccessi: c'è stata qualche punta sopra i 30 gradi, dell'afa (più che normale in una piana alluvionale) e niente di più. La miccia del temporale è stata accesa da venti freschi nati 4 giorni fa in Groenlandia e poi scivolati fin sul Mediterraneo nella giornata di ieri.
Quindi, ciò che voglio sottolineare è che in questa come in tutte le altre occasioni quello che conta per la valutazione dell'intensità di un peggioramento – come per tanti altri aspetti della previsione meteorologica – è il GRADIENTE, ossia la DIFFERENZA NELLO SPAZIO di temperatura e umdiità, NON i valori assoluti prima e dopo il peggioramento. Da questo poi dipende direttamente anche la velocità di movimento delle varie masse d'aria, che a sua volta determina l'intensità di un cambiamento assieme ad altri fattori.

Quante volte, alla fine di una estate particolarmente calda, abbiamo pensato che con quelle premesse al primo sbuffo di aria meno calda sarebbero successi sfracelli?
E quante volte alla fine del primo peggioramento abbiamo contato solo alcuni temporali molto veloci e poco incisivi nel moderare la calura?
La chiave sta proprio qui: la differenza di temperatura e umidità tra la massa d'aria già presente e quella in arrivo, in molti casi non sufficiente.
Impariamo quindi – una volta per tutte – a fare tesoro di occasioni come questa e a valutare un cambiamento del tempo NON attraverso i valori assoluti, ma valutando le differenze nelle caratteristiche tra la massa d'aria già presente e quella in arrivo.

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