Attualmente lo strumento più impiegato nell’ambito delle previsioni stagionali è basato sul funzionamento dei modelli climatici globali (GCM). Questi, nei loro processi di calcolo, considerano prevalentemente la variabilità del ciclo ENSO. Tuttavia per le regioni lontane dai tropici (con particolare riferimento agli USA nord-orientali ed all’Europa), l’affidabilità del predictor ENSO risulta incerta e dunque ancora limitata. In virtù della scarsa prevedibilità del clima extratropicale attraverso il segnale ENSO, sono state considerate altre strade per migliorare le capacità predittive dei GCM (previsioni stagionali) in riferimento alle latitudini extratropicali.
A tal proposito nell’ambito della stagione invernale boreale, l’Oscillazione Artica (AO) costituisce il pattern più importante in quanto in grado di influenzare direttamente l’andamento climatico in molte zone, anche distanti migliaia di chilometri dalla sede artica, e che costituiscono i centri principali di popolazione del mondo occidentale (Europa e Nord America). Ad esempio, in riferimento all’Europa centro-occidentale, l’AO mostra una correlazione elevatissima con le anomalie geopotenziali calcolate sul trimestre invernale (circa 0,86). Per quanto sin qui detto, una previsione dell’AO invernale costituisce la modalità più affidabile per avere un informazione attendibile circa l’andamento dell’inverno su dette zone con diversi mesi di anticipo. Nella presente ricerca presentiamo un nuovo indice altamente correlato con l’AO invernale e dunque utilizzabile nella previsione della stagione invernale alle medie latitudini boreali.
L’idea di sviluppare il nuovo indice nasce dall’attenta osservazione dell’indice ad oggi più predittivo per la stagione invernale, ovvero l’indice SAI sviluppato da Cohen nel 2011.In particolare Cohen in quest’ultima ricerca ha evidenziato che, ad essere correlato con l’AO invernale, non è il livello di innevamento che viene raggiunto al termine del mese di ottobre sul settore euroasiatico, bensì il tasso d’incremento della copertura nevosa al di sotto del 60° parallelo sul settore stesso. In altre parole, a parità di estensione finale della copertura nevosa ottobrina, si possono avere dei risvolti anche molto diversi a seconda della “tempistica” d’innevamentoe a seconda della distribuzione spaziale dell’innevamento stesso (principalmente se sopra o sotto il 60° parallelo). Tutti questi fattori implicano necessariamente che il fattore causale (ovvero il fattore in grado di determinare la variabilità interannuale dell’AO) non è la copertura nevosa euroasiatica, bensì lo schema circolatorio dominante che si manifesta nel mese di ottobre e che è la causa dell’innevamento stesso (e dunque della sua qualità in termini sia di velocità di avanzamento che di posizionamento).E di fatti a questo proposito è stato possibile verificare, già in fase preliminare, una notevole corrispondenza tra il pattern circolatorio dominante che si instaura nel mese di ottobre e quello che riscontra mediamente nel trimestre invernale successivo (vedi la ricerca in allegato e scaricabile gratuitamente). Lo studio pertanto è stato indirizzato nella formulazione di un indice numerico in grado di sintetizzare il pattern circolatorio di ottobre. Questo è stato poi validato verificando il tasso di correlazione con l’AO invernale medio, relativo al successivo trimestre invernale, in considerazione di un campione di anni molto esteso (intervallo 1976-2012). In virtù del suo significato, il nuovo indice è stato battezzato con il nome di “October Pattern Index” (OPI).
Per le spiegazioni in merito alla formulazione teorica e numerica dell’indice e per la presentazione del modello di calcolo implementato sul software “Telemappa Next Generation”, si rimanda nuovamente alla ricerca.
I risultati della correlazione riscontrata sono mostrati nella seguente figura (Fig. 1):
Fig. 1. Andamento storico dell’October Pattern Index (OPI in bordò) e dell’Oscillazione Artica nel trimestre invernale Dicembre-Febbraio (DJF AO in nero), per il campione di anni 1976-2012. Il coefficiente di correlazione r per le due serie è pari a 0,91.
Da questa si vede come il tasso di correlazione tra l’OPI, calcolato ad ottobre, e l’AO medio relativo al trimestre invernale successivo, risulta eccezionalmente elevata e pari a 0,91. Addirittura “effettuando uno zoom” sugli ultimi anni (dal 2000 in poi) si può osservare come, avendo avuto prima questo strumento, sarebbe stato sempre possibile prevedere con estrema esattezza l’andamento dell’AO pattern invernale con ben 4 mesi di anticipo (vedi Fig. 2):
Fig. 2. Andamento storico dell’October Pattern Index (OPI in bordò) e dell’Oscillazione Artica nel trimestre invernale Dicembre-Febbraio (DJF AO in nero), per il campione di anni 2000-2012. Il coefficiente di correlazione r per le due serie è pari a 0,97
Come detto in precedenza, la capacità di prevedere l'AO invernale è considerato il progresso più importante nella realizzazione di previsioni stagionali invernali. L’Oscillazione Artica (AO), infatti, rappresenta lo stato della circolazione atmosferica sopra l'Artico e pertanto costituisce il modo dominante di variabilità invernale per le regioni extratropicali boreali. Inoltre, i risvolti indotti dal segnale dell’Oscillazione Artica, risultano maggiormente tangibili in riferimento proprio all’Europa e agli Stati Uniti orientali. Pertanto, una corrispondenza così elevata (quasi perfetta) tra l’andamento dell’Oscillazione Artica (AO) e l’indice OPI (che viene calcolato con 4 mesi di anticipo), si traduce in un ulteriore miglioramento delle capacità previsionali a livello stagionale per le regioni boreali extratropicali, con particolare riferimento all’Europa e agli Stati Uniti orientali. Proprio in merito all’Europa centro-occidentale è stato possibile validare,addirittura in via numerica, la capacità predittiva dell’OPI, facendo riferimento al parametro relativo all’anomalia geopotenziale media calcolata sul trimestre invernale, in riferimento allo stesso campione di anni compreso nell’ intervallo 1976-2012. I risultati di quest’ultima analisi mostrano l’esistenza di una correlazione decisamente elevata e pari all’83% (correlazioni fortemente significative si rilevano perfino in riferimento ai singoli stati l’Europa centro-occidentale, passando dal valore massimo riscontrato per la Francia, r = 0,82, e a quello minimo relativo alla Spagna nord-orientale, r = 0,70).
Inoltre l’OPI, poichè costituisce una sintesi numerica del pattern ottobrino dominante (che come detto mostra un affinità notevole con gli schemi circolatori principali della successiva stagione invernale), è in grado di fornire, a differenza della maggior parte degli indici predittivi, anche delle informazioni in merito alla tipologia dello schema circolatorio emisferico principale, consentendo di effettuare delle considerazioni anche sulla “qualità” delle eventuali “azioni meridiane” del Vortice Polare invernale.
In definitiva, il nostro lavoro costituisce un ulteriore importante progresso proprio in termini di capacità previsionali della stagione invernale, in quanto presentiamo un nuovo indice dalle migliori capacità predittive. L’OPI (“October Pattern Index”) è infatti in grado di spiegare, con quattro mesi di anticipo, oltre il 90% della variabilità dell’oscillazione artica invernale (winter-AO) e ,dunque, si propone come l’indice più predittivo in assoluto, soprattutto in riferimento all’Europa e Agli Stati Uniti Orientali, paesi per i quali i risvolti indotti dal segnale dell’Oscillazione Artica sono maggiormente tangibili e per i quali, anche i GCM più sofisticati, mostrano, su scala temporale stagionale, livelli di affidabilità praticamente irrisori.
Ricerca condotta e redatta da:
Ingegnere Riccardo Valente
Ingegnere Alessandro Pizzuti
Astrofisico Andrea Zamboni
Membri del Center Study of Climate and Teleconnections (CSCT) del Centro Meteo Toscana (CMT)