A questo punto viene un sospetto: che in Italia ci siamo disabituati all'inverno? Sarà per un adattamento subliminale ai cambiamenti climatici, sarà per l'assuefazione ad una cronaca meteo dispensata dai media in modo sempre più esasperato, fatto sta che probabilmente è proprio così. La riprova del nostro sospetto, emerge come la punta di un iceberg dalla terminologia utilizzata per identificare questo o quel fenomeno atmosferico, molto spesso non corretta sia dal punto di vista tecnico ma soprattutto della lingua italiana.
Prendiamo spunto dall'ondata di freddo e neve che in questi ultimi giorni ha investito l'Italia. Le dinamiche atmosferiche ci hanno destinato una sequenza di pacchetti d'aria fredda smossi da un anticiclone anomalo arenatosi sulla regione scandinava. Subito si è parlato di Buran. Ma cos'è in realtà questo Buran? E’ un vento tra i più gelidi che in inverno possano raggiungere la nostra Penisola e trasporta un vero e proprio muro di aria ghiacciata in uscita dall'anticiclone termico russo-siberiano. Le masse d'aria muovono i loro passi dalle gelide, sterminate e remote steppe siberiane (aria polare continentale-siberiana). Si tratta di un flusso di provenienza orientale a sviluppo laminare, pellicolare, quasi incollato al suolo, in origine molto stabile e secco che si riversa sul nostro Paese con venti anche forti da est o nord-est. Genera ondate di gelo a volte di estrema intensità che solitamente perdurano anche diversi giorni dopo la fine dell’apporto. Va da sè che per avere il Buran occorre l'anticiclone russo-scandinavo, il “barbaro”. Non è il caso attuale dove il motore del freddo è l'anticiclone scandinavo, che è più “gentiluomo”.
Forse sembrerà di voler spaccare il capello in quattro, in realtà la corretta identificazione di un soggetto sinottico è di fondamentale importanza per chi è impegna ad elaborare una previsione.
Ricordate le ondate di freddo e neve del 2012? L'anno del Blizzard. Anche in questo caso il motore mediatico aveva fatto girare questo termine, con la medesima disinvoltura utilizzata per l'attuale Buran e per i medesimi fenomeni. Ma cos'è allora il Blizzard? La definizione rigorosa (elaborata dal Servizio Meteorologico degli Stati Uniti d'America dal quale il termine deriva) identifica questo soggetto sinottico quale forte vento con frequenti raffiche superiori a 16 meri al secondo o 30 nodi, accompagnato da nevicate che riducono la visibilità orizzontale sotto i 400 metri per 3 ore di fila. Diventa Blizzard moderato se la temperatura che si accompagna alla tempesta di neve sia inferiore a -7°C, forte se inferiore a -12°C. Come vedete, non si scappa: o è così o non è Blizzard.
Il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare Italiana ha coniato per il fenomeno Blizzard, una denominazione italiana di “origine controllata” noto come Scaccianeve. Il fenomeno è frequente in inverno sulle nostre montagne, in modo particolare sulle Alpi, e identifica un vento forte e freddo che imperversa su superfici ricoperte da neve polverosa. Se il vento solleva la neve fino ad altezza d'uomo si parla di Scaccianeve basso, se il vento è tempestoso, può sollevare la neve anche di alcune decine di metri, spesso accompagnandosi anche a condensazione, con formazione di “cinture nuvolose” aderenti i pendii e relativo azzeramento della visibilità orizzontale. Trattasi di Scaccianeve alto.
In un modo o nell'altro, per un Paese come il nostro dove gli inverni di un tempo sono divenuti miraggi di una manciata di ore, distinguere un vento dall'altro sembra un'inutile accezione accademica. Non sia così per noi appassionati, che abbiamo l'onere e l'onore di far da anello di congiunzione tra il rigoroso mondo della scienza e quello della gente comune. Altrimenti ad ogni refolo di vento sarà sempre e solo una gran… buriana.
Che dire? Buon anno a tutti!
Luca Angelini