Interrompe il ticchettio regolare della pioggia che batte sui balconi con il suo “woom” sordo e profondo. Sembra lontano, o forse no. Ma cos'era un tuono? A gennaio? E' quanto avranno esclamato in questi giorni molti di voi, e non solo al centro-sud, ma anche in zone del nostro settentrione dove solitamente tutto tace in questa stagione, quasi imbalsamato dal letargo invernale, come in Piemonte. Eppure nell'Alessandrino le recenti nevicate si sono presentate anche sotto forma di precipitazione convettia, accompagnandosi a lampi e tuoni. Beh, in questo caso è facile intuire lo sconfinamento delle masse temporalesche attivatesi lungo la classica linea di confluenza che in determinate circostanze si sviluppa sul mar Ligure, in direzione dell'Appennino genovese e quindi inoltratesi sugli adiacenti settori padani. Certo non è cosa comune in val Padana, dove si è abituati al fragore dei tuoni essenzialmente nel semestre estivo.
Qualcuno punta il dito sui cambiamenti climatici, qualcun altro spara sul detto ormai super-inflazionato “non ci sono più le mezze stagioni”. In via statistica, se facciamo la doverosa eccezione della Liguria e del Friuli Venezia Giulia, il nord Italia raramente si trova ad assistere a fenomeni temporaleschi durante l'autunno e l'inverno. In via sinottica alcune circostanze possono produrre precipitazioni convettive, magari accompagnate da attività elettrica ma trattsi di una eccezione, non certo di una regola.
E il centro-sud? Pur se la massima frequenza temporalesca anche su queste regioni è da ascrivere al semestre estivo, dobbiamo osservare che anche l'inverno può dire la sua. Il rilascio di energia da parte dei nostri mari, sotto forma di calore latente (immissione di umidità) e di calore sensibile (riscaldamento dell'aria dal basso) tende ad instabilizzare le masse d'aria più fredde che sopraggiungono dalle alte latitudini. L'aria fredda, più densa e pesante, che si inserisce solitamente in campo depressionario, giunge sull'Italia dopo aver superato le asperità orografiche di Alpi
e Appennini e si immette sul nostro Paese a partire dalle quote superiori, Trovandosi però sbilanciata, senza uno sgabello sotto i piedi, tende a cadere e ad aprirsi un varco verso il basso a scapito dell'aria calda e umida che è così costretta a salire al suo posto, generando un processo noto come “convezione”.
A causa della convezione, processo che ricordiamo, insieme a conduzione e irraggiamento, assicura la redistribuzione del calore attraverso la colonna d'aria, le masse d'aria giunte sull'Italia si rimescolano, il freddo si smorza e l'inverno assume le tipiche caratteristiche temperate calde del Mediterraneo, ma il prezzo da pagare, se così si può dire, per questa sorta di mitigazione climatica tutta italiana sono appunto i temporali. Se due indizi fanno una prova, allora temporali a gennaio e inverno che stenta a dare il meglio possono pertanto essere considerati segnali tangibili di un clima che è cambiato e che, trovandosi ancora in fase dinamica, non ha ancora assunto uno determinato stato di equilibrio. Non ci son più le mezze stagioni? Il 2014 ha dimostrato che invece le mezze stagioni hanno dominato alla grande, demandando alla primavera un'estate sotto tono (almeno sul nostro centro-nord) e all'autunno un inverno che, alla bellezza del 22 gennaio, non ha ancora trovato la chiave per spalancare la porta sul nostro Paese.
Luca Angelini