Anno nuovo, storia (quasi) vecchia

Dopo la sbornia da freddo e neve che solo oggi è entrata nel vivo per diverse regioni italiane, si consumerà un rapido ritorno alle condizioni di tempo che ci hanno accompagnato per lunghi periodi nel 2014.
Proprio a cavallo del Capodanno i venti freddi smetteranno di soffiare verso di noi, e grazie al sole l'aria tornerà lentamente a scaldarsi, magari faticando un po' solo in quelle vaste zone che nel frattempo avranno ricevuto un manto nevoso uniforme al suolo, un manto capace di respingere larga parte del'energia dei raggi solari.

Difatti il canale di aria molto fredda che si era inizialmente aperto tra la calotta artica, il Nord Europa e l'Italia si è già chiuso, perché la grande onda nella Corrente a Getto che da una parte ha rovesciato i venti artici su di noi ha – dalla parte opposta – fatto risalire aria calda e umida dall'Atlantico tropicale verso il Mar di Norvegia. Lungo i fiordi scandinavi allora la temperatura è salita fino ai 10 gradi della linea costiera, con venti forti, nuvole basse e dense, e pioggia battente.

Ora che la grande onda atmosferica collasserà la Groenlandia tornerà a dettare il ritmo, rovesciando al largo dell'Oceano secchiate di aria fredda richiamata dalle basse pressioni di passaggio. Il tepore acquisito di recente dell'atmosfera oceanica grazie proprio all'azione dell'onda atmosferica, in contrasto vivo con l'aria artica in arrivo scatenerà venti forti, umidi e miti che soffieranno decisi verso l'Europa centrale a scalzare – anche qui – il tenue cuscino di aria fredda nato nelle ultime ore. 
Poi i venti oceanici punteranno ancora più ad est, ma qui – al confine verso la Russia – troveranno un manto nevoso più uniforme, spesso, che avrà sollevato un muro molto più ostico da demolire.

Il risultato sarà la rimonta di un'alta pressione robusta a sud di questo canale di venti forti (Spagna, Francia e in parte anche l'Italia) con un improvviso e netto aumento della temperatura, soprattutto in montagna e sulle coste esposte. Al contrario l'aria fredda groenlandese fluirà a nord, verso le coste del Baltico, la Scandinavia e la Bielorussia, per poi rallentare appena più ad est.

Il baluardo di neve a ridosso del confine tra Europa e Russia è la novità rispetto alle condizioni precedenti il Natale, assieme al probabile vasto innevamento dei Balcani. Questo sarà un punto fermo a favore della reiterazione di condizioni di freddo intenso in zona, ma nel lungo termine anche un punto di riferimento per probabili nuove frenate dei venti oceanici e il ritorno di aria più fredda anche in Europa.
Però per il momento non si riesce a dire di più. Quindi, intanto, teniamoci il ritorno a temperature più alte previsto per l'inizio del nuovo anno, poi per il tempo della Epifania ci sarà tutto il tempo di elaborare la previsione.

Il vademecum del buon appassionato, ecco come vivere al meglio l’inverno

I giorni passano, l’inverno indugia e la tensione si fa palpabile. Un nervosismo fisiologico che serpeggia tra appassionati e addetti ai lavori, tra chi vorrebbe una stagione normale e chi opterebbe per almeno un giorno di pura Siberia. Ma alla natura non si comanda e così ecco che anche questo mese di dicembre, proprio come quello dello scorso anno, sta scivolando via senza colpo ferire. E intanto dell’inverno ancora nessuna traccia.

Forse si è perso tra le pieghe degli Urali o sta cercando di far sentire i suoi primi vagiti dalle sterminate distese di ghiaccio della Groenlandia. Fatto sta che nel popolo della meteo c’è chi ha già iniziato a beneficiare di visioni mistiche, chissà forse imbeccato in sogno da qualche santo protettore, tanto da vedere e addirittura prevedere a scadenze regolari ondate di gelo estremo da un capo all’altro della Terra.  Potremmo noi essere da meno e non partecipare a questa parata di gelidi proclami? Volete leggere anche su queste righe che entro la fine dell’anno l’Italia verrà bloccata dalla tempesta del momento? No signori, noi non lo faremo. Il nostro intento, ben fissato nello Statuto di questa Associazione, è quello di offrire a tutti voi, cari lettori, una indomita serietà e spiegarvi come stanno veramente le cose.

Regola numero uno: in meteorologia si lavora a scale: scale temporali (un giorno, una settimana, un mese) e scale spaziali (una città, una regione, un continente). Per conoscere l'evoluzione meteorologica “long range“, che vuol dire a lunga scadenza (oltre 5gg) NON si devono utilizzare i prodotti deterministici, ossia i modelli emessi 2-4 volte al giorno dai Centri di Calcolo, ma i prodotti probabilistici. Utilizzare uno strumento non idoneo equivale a voler accendere l'auto con l'accendino. Non si può, ci vuole la chiave! Per cacciare una mosca dalla stanza si può usare un giornale o anche un bazooka. Voi come vi comportereste? La regola vale anche per la catena previsionale, ogni step prognostico ha i suoi strumenti. 

E uno strumento va conosciuto, va saputo interpretare, si devono conoscere punti di forza e difetti, va soppesato in base alla contesto generale, alla stagione, al territorio cui si riferisce. Insomma bisogna farci esperienza, studiarci, non si può improvvisare. Non conoscere le potenzialità di uno strumento d'ensemble ad esempio (i classici “spaghetti” tanto amati dagli appassionati), significa perdere in partenza l'opportunità di capire (prima degli altri) come andrà a finire, col rischio di cadere dentro il gorgo dei balletti modellistici, quelli che non portano da nessuna parte.

Ma perchè la Meteorologia, la nostra passione, ci deve complicare così tanto la vita? Forse è anche quel sapere/non sapere che fa di questa disciplina una tra le più affascinanti del mondo scientifico.

Arriviamo così alla regola numero due: l'atmosfera ha una parte predicibile, che si può dunque simulare con i modelli utilizzando le leggi della Fisica, e una parte impredicibile, dovuta al caos deterministico, che sfugge a questa regola. Normalmente la parte predicibile e quella caotica tendono a bilanciarsi permettendoci di utilizzare con sufficiente margine di sicurezza i prodotti modellistici per simulare l'evoluzione dell'atmosfera (figura in alto). In determinate condizioni invece (figura a destra), la parte impredicibile può addirittura prevalere sull'altra e i prodotti prognostici, segnatamente quelli deterministici (i modelli che conosciamo), diventano pertanto inutilizzabili

Quindi siamo pronti per la regola numero tre: ogni qualvolta vi vorrete cimentare in una prognosi meteorologica, chiedetevi se il prodotto che state utilizzando è adatto al vostro scopo, se idoneo alla rispettiva scadenza temporale di vostro interesse e se ottimizzato per il contesto territoriale e microclimatico sul quale vi volete focalizzare.

Per farvi comprendere appieno il discorso fatto, possiamo applicare le nostre regole teoriche alla situazione contingente

Guardate bene il grafico d’ensemble allegato nella figura qui a fianco, elaborato con l'uscita delle 00Z del 20 dicembre da parte modello americano GFS e riferito all'altezza media del geopotenziale di 850 hPa sulla città di Roma (parte alta del prospetto). Lo score ci restituisce una predicibilità che, a partire dal 27 dicembre, si deteriora rapidamente, sino a stabilizzarsi su una forbice di temperatura di oltre 17°C! Per fare un esempio, alla quota di 1500 metri sopra Roma il 29 dicembre, si potrebbe rilevare una temperatura di +8°C come di -9°C. Ora capite bene che, in base a questo strumento, che d'altra parte è l’unico utilizzabile per linee di tendenza longe range, non è possibile stilare una previsione meteorologica attendibile. La scienza ci dà l’out-out, ci pone un limite invalicabile. 

Per districare la matassa degli spaghetti si può in realtà bay-passare in parte il blocco probabilistico con uno stratagemma; alcuni Centri Meteorologici utilizzano un ulteriore sofisticato strumento, il diagramma di Hovmoller, un prodotto dalle grandi potenzialità, poichè ci consente di studiare i treni d’onda. In altre parole ci consente di mettere a fuoco i periodi caratterizzati da anomalie positive di geopotenziale (periodi con maggiori probabilità anticicloniche) e quelli da anomalie negative  (periodi con maggiori probabilità cicloniche).

Bene ora, alla luce di quanto abbiamo imparato, possiamo senz'altro delineare la seguente linea prognostica, con riserva di verificare a fine evento, in sede di reanalisi, la bontà dei metodi utilizzati: fino a Natale il tempo trascorrerà all’insegna di prevalenti condizioni di tempo buono o discreto, con pochi disturbi, clima caratterizzato da alterni sbalzi termici, ma con prevalenti periodi più miti della norma (ad eccezione delle zone pianeggianti quando interessate da nebbia e gelate notturne). Allungando un po' ancora la gittata prognostica sino alla fine dell'anno, pare ancora una volta cadere nel vuoto la possibilità di assistere ad una svolta stagionale. Dunque, sino a Capodanno (e forse anche oltre) niente gelo, niente nevicate a tappeto sulle nostre città, niente eventi epocali, ma solo un prosieguo di stagione che, talora al costo di grandi sforzi, riuscirà a dispensare un po’ di inverno e sempre a corrente alternata.

Pazienza, prima o poi la neve ci verrà a trovare, ma almeno noi abbiamo capito come non farci illudere dai fautori del gelo facile e, per di più, saremo pronti ad accoglierla ancora carichi di entusiasmo ed energia, anzichè mezzi esauriti da una “scimmia” senza via d'uscita.

Luca Angelini

Aspettando l'inverno: come nascono le più intense ondate di aria gelida dall'Artico?

L’aria fredda normalmente staziona sulla calotta polare. Si tratta di una massa d’aria molto densa e pesante dalle carattristiche stabili perchè il raffreddamento interessa prima gli strati bassi per poi propagarsi a tutta la colonna atmosferica. Ora, se non esistessero meccanismi di scambio tra le latitudini polari e quelle tropicali, le prime diventerebbero sempre più fredde e le seconde sempre più calde. A questo pone rimedio l’impianto di “climatizzazione” del Pianeta:.

Il lago di aria gelida che staziona sulla calotta polare non è fermo ma, per via della rotazione terrestre, ruota in senso antiorario e per questo viene chiamato Vortice Polare. Il bordo periferico del nostro Vortice Polare è costituito da un letto di venti in quota noto come Corrente a Getto Polare che, sotto l'azione disturbatrice di montagne, terre emerse ed oceani,inizia ad ondulare attorno all’emisfero generando onde atmosferiche di grande ampiezza note come “onde planetarie o di Rossby“. Queste si allungano in senso meridiano fino ad isolare nuclei di aria fredda dotati di rotazione ciclonica alle medie e basse latitudini e nuclei di aria calda dotati di rotazione anticiclonica alle alte latitudini.

Queste ondulazioni però, non sempre sono abbastanza ampie da svilupparsi in senso meridiano: Matematicamente si può dimostrare che più queste onde sono di minore ampiezza, più sono veloci e meno scambi di calore comportano. La situazione descritta, caratterizzata da un Vortice Polare compatto e da veloci correnti occidentali (situazione ad alto indice zonale) di solito si accompagna a veloci perturbazioni guidate dal Getto, che però coinvolgono principalmente i Paesi del nord Europa, senza raggiungere l'Italia. In questo caso il Vortice Polare è forte e trattiene entro di sè tutto il gelo disponibile (figura in alto). Sul Mediterraneo e l’Italia domina l’anticiclone. Nel caso in cui, per contro, queste onde tendano ad amplificarsi, raggiungendo una soglia critica (matematicamente definita dal numero di Rossby), possono rallentare fino a fermarsi: ecco che può instaurarsi una situazione di blocco delle correnti occidentali. In questi casi l’onda anticiclonica si allunga verso nord e va a infrangersi alle latitudini polari riscaldandole, mentre quella ciclonica si propaga verso sud e si infange alle nostre latitudini raffreddandole. Si completa così l'mpianto di climatizzazione del Pianeta.

Ma cosa comporta tutto questo per il tempo di casa nostra? Abbiamo appurato che per avere un’irruzione di aria fredda occorre che la Corrente a Getto Polare sia poco veloce e molto ondulata. Nella stagione invernale però abbiamo una marcia in più: alle vicende della medio-bassa atmosfera qui sopra accennate, si aggiungono anche i moti che coinvolgono gli strati superiori, quelli della stratosfera. Si, perchè anche alle alte quote ritroviamo il Vortice Polare, in questo caso Vortice Polare Stratosferico. Sentite un po’ cosa può succedere: se riprendiamo la nostra situazione di blocco, abbiamo visto che la parte anticiclonica dell’onda tende a spingersi verso le latitudini polari. Qualora la viscosità atmosferica sia ottimale (a esempio con venti stratosferici orientali, minimo solare, Nina moderata) l’onda si sviluppa non solo in ampiezza, quindi guadagando latitudine, ma anche in spessore, fino a sfondare il limite della tropopausa e a irrompere nella stratosfera, infragnendosi contro il Vortice Polare Stratosferico.

Questa intrusione causa notevole attrito e pertanto genera un riscaldamento, che può essere anche di 60-70 gradi in una settimana. E’ il cosiddetto Stratwarming. Il Vortice Polare Stratosferico viene destabilizzato e, in casi estremi, questa destabilizzazione si può propagare verso il basso fino a spostare o addirittura scindere il vortice polare anche al livello del mare (figura qui a fianco).

L’aria gelida in esso contenuta è pertanto costretta a prendere la via delle medie latitudini. La sua traiettoria però non seguirà più le normali correnti occidentali, perchè ora al posto di un vortice polare avremo ora una vistosa anomalia, un anticiclone polare. La traiettoria impostata sarà quindi in senso orario, da est verso ovest, ossia retrograda. In questo caso il Mediterraneo e l’Italia finiscono sotto il tiro dei gelidi venti siberiani. E’ il caso delle ondate di gelo che hanno fatto la storia del clima: tra tutte ricordiamo febbraio 1956, dicembre 1984, gennaio 1985 e i più recenti gennaio 2006 e febbraio 2012.

Luca Angelini

Previsioni meteo, istruzioni per l'uso

Il calendario corre, l'inverno incombe, a quanto pare anche dal punto di vista climatico, il mondo dei fruitori meteo si triplica fino al tutto esaurito e intanto le casse acustiche di diversi siti web, hanno già iniziato a sparare alto, 20 mila watt di proclami, servendosi di mani che danno e poi tolgono, bocche che dicono e poi smentiscono, insomma la solita pantomima senza capo ne coda. Nel mezzo eccoci, siamo tutti noi, gli utenti delle previsioni meteorologiche, stritolati in un tunnel mediatico senza esclusione di colpi, storditi da ineguagliabili ingorghi di parole, presi in giro dai soliti balzelli d'interpretazione all'italiana. Ehi, fermi in attimo: presi in giro? No, questo non è accettabile. 

Ecco allora che, a supporto dei pochi professionisti veramente abilitati (da lunghi e faticosi percorsi di studio), a gestire e divulgare previsioni meteorologiche, si affiancano realtà amatoriali come Meteonetwork, nate dalla passione e con il nobile quanto difficile intento di far da interprete, di fare da anello di congiunzione tra il rigoroso mondo della scienza e quello pratico dell'uomo della strada. L'obiettivo e far capire come utilizzare al meglio le informazioni che ci pervengono dalle previsioni meteorologiche.

Ma cos'è una previsione meteo?

All'inizio una previsione meteorologica si basava essenzialmente su metodi empirici; i detti popolari sono quel che rimane di quell'esperienza maturata da chi viveva e lavorava all'aperto e faceva suo quello che il tempo insegnava giorno dopo giorno. Ma questo poteva forse andar bene per una previsione di 2-3 ore, massimo mezza giornata. Che tempo fa tra 2 ore a Roma? Il tempo che fa adesso; legge della persistenza. Detta così ci azzecchiamo al 90%! Si, bene ma dopo? Ecco la necessita di progettare un modello che simuli l'andamento dei processi atmosferici secondo le leggi della Fisica. Nascono i modelli fisico-matematici.

L'iter che porta alla previsione meteorologica, intesa questa a varie scadenze, è il prodotto finale di un lungo e complesso iter scientifico che utilizza le migliori conoscenze nei campi della Fisica, della Matematica, dell'Ingengneria, dell'Elettronica e dell'Informatica. E chi è allora un Meteorologo? Il grande Generale Andrea Baroni, recentemente scomparso, rispondeva più o meno così: il Meteorologo è un Fisico, quando studia i processi che avvengono nell'atmosfera, diventa un Matematico, quando li descrive con apposite equazioni, è un Ingegnere quando progetta soluzioni per assolvere alle problematiche legate alla gestione e agli impatti dei fenomeni sul territorio, è Informatico o un esperto di elettronica quando progetta e sviluppa software in grado di gestire i vastissimi database dei dati meteorologici mondiali. Un Meteorologo è anche un divulgatore, aggiungiamo noi, capace di trasformare dati e numeri in concetti friubili a tutti.  

Vista così, sembrerebbe una squadra infallibile e invece a volte le previsioni sbagliano. Qualcuno la farà corta dicendo che la Meteorologia è una scienza inesatta, ma in verità, anche questo è sbagliato. La Meteorologia è una scienza esatta, soggetta a procedimenti approssimati.

Vi interesserebbe conoscere il tempo di domani alle 12 con una previsione emessa domani alle 12? Ovviamente no, ecco dunque che negli elaboratori si introducono approssimazioni negli algoritmi di calcolo per ridurre i tempi macchina. Vi interesserebbe conoscere il tempo di Rieti sapendo che i dati utilizzati sono quelli di Roma? Certamente no, eppure le stazioni meteorologiche che forniscono i dati iniziali possono essere distanti anche decine di chilometri. Vi interesserebbe conoscere la temperatura prevista sulla città di Torino, se la griglia dei modelli ad area globale risolve le montagne alzando il capoluogo piemontese a quasi 1000 metri di quota? Tutto questo, come avrete certamente compreso, agisce quale variabile “x” sull'esito di una prognosi, La previsione nasce da processi esatti ma può (e sottolineiamo può) diventare inesatta strada facendo,

E supponiamo allora che dette approssimazioni possano un giorno venir eliminate. La nostra previsione diventerà finalmente perfetta? La risposta purtroppo è ancora una volta no. Questo per una caratteristica tipica dell'atmosfera che chiameremo variabile “Y”, a causa della quale ogni precisissimo calcolo matematico sfugge. Questa è la teoria del caos deterministico, ossia di quella caratteristica dell'atmosfera atta a sviluppare evoluzioni non lineari. Effetto domino, lo conoscete? Lo capì quasi per caso un emerito scienziato, Edward Lorenz, il quale scoprì che facendo partire un primo modello fisico-matematico, per quanto semplificato, dai dati iniziali e un secondo modello a metà dell'elaborazione del primo, quindi sempre con gli stessi dati iniziali, si otteneva un risultato finale completamente diverso tra i due. Egli scoprì che partendo da un grande numero di atmosfere virtuali, le traiettorie sembrano accumularsi tutte su uno stesso oggetto a forma di farfalla, popolarizzato con il nome di Attrattore di Lorenz.

Insomma non ci sono speranze di ottenere previsioni esatte? No, ma possiamo contare su uno strumento potentissimo di interpretazione, la probabilità. Abbandoniamo l'abitudine a intendere una previsione come deterministica, ovvero quello che è previsto sarà la realtà, e inforchiamo una chiave di lettura probabilistica, ovvero, quello che è stato previsto per… è probabile al… Ad oggi la probabilità che una previsione sia corretta a 24 ore sono circa il 90%, il che compensa di gran lunga i danni arrecati da quel modesto 10% errato. Questa percentuale scende all'80% per una previsione a due giorni e al 75% per una  atre giorni, dopodiche il decadimento prognostico evidenzia un limite da tenere in considerazione, poichè scientificamente invalicabile.

Per concludere allora, ecco alcuni importanti consigli per comprendere una previsione meteorologica:

  • Consultare le previsioni diramate da fonti qualificate, diffidare di coloro che propinano previsioni dettagliate oltre le 96 ore di scadenza (5gg).
  • diffidate di coloro che sono soliti usare proclami apocalittici, diffidare di coloro che annunciano feroci ondate di gelo invernale a 10-15 giorni di distanza.
  • diffidate in genere di chi scrive con toni urlati, utilizza frasi onomatopeiche o ipnotizza con cartine dai coloro sgargianti. Molto probabilmente sono state estratte da corse deterministiche senza alcun valore prognostico.

E un ultimo consiglio: imparate ad ammirare il cielo, a vivere con il tempo atmosferico a riconcigliarvi con la natura. I segni del tempo sono scritti nelle nuvole. Solo così potremo metterci quel pizzico di istinto, quel poco di esperienza, quel valore aggiunto personale che a volte, per una previsione locale, fa davvero la differenza.

Luca Angelini

Piccole tempeste mediterranee: l'opportunità di parlarne

Per la seconda volta in poche settimane sul Mediterraneo si è formato un vortice di nuvole che ricorda per molte caratteristiche i cicloni tropicali
Quello odierno, a differenza del fratello passato tra Lampedusa, Malta e Sicilia il 7-8 novembre scorsi è stato ben individuato dai modelli numerici più di 48 ore prima del suo avvento, dando modo ad appassionati e meteorologi di prepararsi all'evento.
Ci sono stati colpi di vento improvvisi, pioggia battente e forte, ma anche forti sbalzi di pressione tra Lazio centrale, Perugino e Aretino, zone dove poi la bassa pressione morente è passata durante la mattinata.

Insomma, abbiamo assistito di nuovo ad un evento affascinante, ma per certi aspetti anche potenzialmente pericoloso.
Ed è proprio il termine “potenzialmente” che è il più difficile da valutare in questi casi: essendo cicloni del genere difficilmente prevedibili in traiettoria, ciclo vitale e conseguenze è anche particolarmente difficile capire se e quando tenerne di conto, se e quando parlarne, e soprattutto a chi parlarne.

La statistica ci dice che nella stragrande maggioranza dei casi questi cicloni rimangono al largo sul mare dove sfogano la loro energia, oppure raggiungono la terraferma senza però creare pericoli particolari; ma è anche vero che tra le loro spire possono nascondersi temporali particolarmente forti o insistenti, talvolta dei tornado, o comunque venti che possono superare in certe occasioni i 100 chilometri orari.
Capirete, quindi, che aggiungendo a questo panorama la scarsa affidabilità di strumenti quali le mappe di previsione dei venti e della pressione risulta difficile per il meteorologo discernere tra l'opportunità di parlare del fenomeno all'utenza e il seguire la strada della normalità descrivendo l'evento come “pioggia battente e vento forte per qualche ora”. Solo una piccola parte degli utenti (fatti salvi gli appassionati della materia) è in grado di avere una percezione non esasperata del reale pericolo; larga parte del pubblico invece si confonderebbe con le centinaia di allerte meteo di cui sente ormai parlare da anni, reagendo con una alzata di spalle se non con un “Ancora parlano di tornado e cicloni? Da me non ha mai fatto niente!”.

Data quindi l'emorragia di siti web e aziende varie che campano e speculano sullo strillo – e la previsione di un evento meteorologico purtroppo vi si presta – è spesso più conveniente tamponare la confusione mediatica evitando di parlare con enfasi e termini troppo tecnici di questi vortici, assimilandoli a perturbazioni piccole ma forti, quali sono in effetti.
Il buon senso d'altra parte ci viene incontro, perché i rischi di danni da piogge torrenziali, venti forti o tornado non si possono valutare solo attraverso satellite e mappe di previsione (che serviranno da strumenti di supporto), ma anche con i dati delle stazioni al suolo, che daranno un quadro completo e continuamente aggiornato utile a seguire passo dopo passo (in nowcasting) l'evoluzione del vortice. Solo allora, in caso di segnali ben chiari che indichino la degenerazione del ciclone, si potrà eventualmente e concretamente parlare di pericoli e rischi. Altrimenti il risultato sarebbe una confusione maggiore e una credibilità della figura del meteorologo sempre inferiore.

L'Italia e il freddo: è sempre un rapporto così difficile?

Molti lo cercano, tanti lo vogliono, ma lui molto spesso delude. Stiamo parlando del freddo in Italia, croce e delizia degli appassionati meteo, ma anche dei professionisti, costretti a pronosticare il tempo procedendo a vista, sui carboni ardenti di una evoluzione sempre in forse, fino all'ultimo. Il freddo in Italia, vanitoso e sfuggente come una bella signorina, molto spesso dato per scontato dai sognatori della Siberia dietro casa, ma anche dai Longers più volitivi, magari abbagliati da correlazioni antesignane ancora tutte da capire.

L'Italia e il freddo: perchè deve essere un rapporto così difficile?

Prima di tutto perchè l'Italia si pone climaticamente entro la fascia temperata, punto di cerniera tra i climi d'oltre mare, caratterizzati da masse d'aria subtropicali, e i climi nordici, che rispondono con masse d'aria polari. Non solo, ma la nostra Penisola, splendido molo naturale placidamente disteso per oltre 1000 chilometri nel bel mezzo del mar Mediterraneo, funge da crocevia tra masse d'aria marittime e continentali, un clima temperato diviso tra mare e terra, difeso da imponenti catene montuose, con  numerose sfumature che ne fanno uno tra i più ricercati al mondo.

Ma come se non bastasse, ecco che anche lui, si proprio lui il freddo, ci mette lo zampino: le sue caratteristiche fisiche, che ne fanno un blocco pesante ed inerte, di certo non lo aiutano qualora, espulso da anticicloni freddi come quello russo-siberiano, si muova in direzione delle medie latitudini.  L'assottigliamento orizzontale dell'aria fredda, al transito sopra superfici progressivamente più calde, è rapido e ne mina irrimediabilmente la radice. La sua inevitabile instabilizzazione, che si traduce in uno spreco di energia volto al ripristino dell' equilibrio perduto, va a costruire convezione, quindi temporali (in inverno soprattutto sul mare), segnale che anche la miscelazione verticale ne ha ulteriormente intaccato le caratteristiche originarie.

Insomma, parte 100, ma arriva 10, sempre che arrivi. Si, perchè c'è un ulteriore nodo da sciogliere per l'azzecca garbugli di turno nelle Sale Previsioni dei Centri Meteo italiani: la predicibilità. Se il caldo ci sorvola, il freddo striscia sulle asperità dei terreni, inciampa sulle discontinuità termiche che incontra, sbatte contro le montagne, in un vero e proprio percorso ad ostacoli. Per questo un'irruzione fredda diventa difficile da simulare da parte dei modelli numerici, anche a brevissimo termine. I vortici cui si accompagnano le irruzioni polari o artiche, spesso rimbalzano come palle da biliardo e la previsione si riduce ad un qualcosa simile ad una partita a stecca.

Morale: mai dare il freddo per scontato, mai interpretare i bollettini meteo con i desideri, mai dar credito a chi dispensa gelo facile. Una irruzione di aria fredda o gelida che dir si voglia, richiede la sinergia, l'incastro favorevole di diversi fattori, non sempre disponibili sul Mediterraneo. Poi quando l'agognato gelo effettivamente arriva, ci sarà sempre qualcuno pronto a pontificare. Bravo, diremo noi, ben sapendo che gridando al lupo al lupo, prima o poi ci si prende.

Luca Angelini

Vi diranno che si tratta di scie chimiche…

Banchi di nuvole rade, segnale di modeste infiltrazioni di aria umida in quota, tenute sotto controllo da un anticiclone che mantiene comunque l’esclusiva. E’ il cielo di questi giorni sull’Italia; provate a guardare in alto, forse, se sarete (molto) fortunati, potrete ammirare un fenomeno piuttosto inquietante ma dall’indubbio misteriosi fascino noto con il  nome di “Fallstreak holes“, alla lettera “caduta veloce del buco”.

La  figura allegata mostra di cosa si tratta ma, come fanno a formarsi questi buchi nel tessuto nuvoloso? Qualcuno si sarà certamente dilettato nel pontificare additando le responsabilità a improbabili attacchi chimici aeronautici (le famigerate scie chimiche). Nulla di tutto questo.

Osserviamo la figura qui a fianco: anzitutto dobbiamo tener presente che gli strati nuvolosi coinvolti nel processo sono due, uno sovrapposto all’altro: il primo, a quota leggermente più elevata, si identifica con quei filamenti nuvolosi sottili visibili anche all’interno del buco noti come cirri. Subito sotto e tutto intorno una consistente banda di cirrocumuli.

Ingredienti:

  • Un sottile filamento di aria calda e umida che scorre tra due strati di aria più fredda e secca.
  • Riscaldamento diurno
  • Una ondulazione prodotta per motivi orografici su larga scala

Conseguenze

La stratificazione sopra descritta genera una leggera instabilizzazzione del flusso il che, unitamente al riscaldamento diurno e ad una ondulazione prodotta per motivi orografici su larga scala, può causare la discesa di alcuni pacchetti di aria fredda verso il basso, sotto forma di debolissime precipitazioni.

In sostanza minuscoli aghetti di ghiacciocadono dai cirri (nubi superiori) sopra i cirrocumuli (nubi inferiori). Se questi ultimi presentano un struttura mista, ovvero piccoli cristalli di ghiaccio e minuscole gocce d’acqua allo stato sopraffuso (allo stato liquido pur in ambiente sotto zero), gli aghetti di ghiaccio in caduta si “mangiano” le goccioline sopraffuse e, con un processo noto come accrezione, causano l’aumento di peso di queste ultime, le quali precipitano a loro volta verso il basso evaporando, dunque disfacendo il tessuto nuvoloso. Da qui il buco.

Da notare che un fenomeno analogo può avvenire anche a quote inferiori, coinvolgendo in questo caso nubi del tipo altostrati e altocumuli.

La legge fisica di Bergeron-Findeisen ci dà un’ulteriore suggerimento, poichè ci fa notare che all’aumento dei cristalli di ghiaccio all’interno della nube, corrisponde la proporzionale evaporazione delle goccioline sopraffuse superstiti. Ne deriva un ulteriore allargamento del nostro buco che si manifesta in tutto il suo stupefacente e spettacolare alone di mistero.

Luca Angelini

Fiat lux!

Quello che sembra un maldestro richiamo ad un fantomatico modello di autovettura dalla casa automobilistica italiana – anzi no, ormai americana – è in realtà una esclamazione di sollievo, per me e per chi in questi giorni e queste settimane sta cercando di preservare il proprio patrimonio.

Oggi, infatti, ho già avuto modo di esternare il mio stupore per la giornata particolarmente grigia e buia che vede protagonisti il Nord e parte del Centro Italia, sotto una coltre di nuvole particolarmente spessa e densa. Un grigiore che a novembre può anche essere normale, ma che viene dopo un periodo esageratamente piovoso per alcune regioni e quindi fa pensare a un ciclo di piogge che non ne vuole sapere di chiudersi.

Ma in futuro per fortuna assisteremo quantomeno a una pausa, sulla cui durata eventuale dovremo discutere più avanti nel tempo: per adesso si può dire che su larga parte d'Italia smetterà di piovere tra domani e mercoledì, e NON pioverà tra giovedì e domenica, ma anzi tornerà il sole (e un po' di luce, appunto).
Arriverà un'alta pressione novembrina, accompagnata – manco a dirlo, con tutta la pioggia che è caduta – dalle nebbie nelle vallate e in Pianura Padana, dall'aria freddina mattutina, e da un gradevole tepore nel pomeriggio. Solo nel Meridione insisteranno venti freschi e tesi tra mercoledì e giovedì.
Su tutta l'Italia la novità più importante – insomma – sarà la ritirata dell'aria mite e umida, quella che fa da carburante alle piogge più abbondanti.

Certo, se l'alta pressione insisterà troppo senza soffiarci addosso venti freschi dall'Est Europa si rischia che con il tempo l'aria torni a caricarsi; tuttavia, almeno per una settimana a partire da oggi il rischio è scongiurato. Per il periodo successivo non c'è ancora niente di chiaro, ma vista la situazione di partenza per adesso accontentiamoci, e approfittiamone per cercare di rimettere a posto le cose dove l'uomo ha favorito i danni delle ultime alluvioni, per quanto possibile.
La cosa più importante adesso è che torni un po' di luce, sia nel cielo che nell'animo di chi si è visto portare via in un attimo il frutto del proprio lavoro e gli affetti.

E siamo daccapo

La settimana è stata faticosa per i meteorologi, impegnati a cercare di capire dove, quanto e quando avrebbe piovuto nelle regioni italiane più esposte allo Scirocco. 
Il rischio di dissesti idrogeologici era alto, e in effetti alla conta finale si sono registrate numerose piene, con frane e smottamenti nei territori più sensibili. C'è stata pure un alluvione in alta Toscana, ascrivibile però – come in molte altre occasioni – più all'incapacità di gestione del territorio che alla Natura stessa.

La piccola distrazione aggiuntiva, dovuta al ciclone mediterraneo che ha gozzovigliato tra Sicilia e Africa nelle ultime ore non deve però farci perdere di vista la previsione per i prossimi giorni, pronta a registrare nuove piogge abbondanti, ancora una volta nelle regioni che accolgono lo Scirocco dopo un lungo viaggio in mare aperto: Piemonte, Lombardia, Triveneto, Liguria, Toscana, e forse anche Lazio ed altre regioni più a sud.

Si comincerà domani dalla Sardegna e – come accade di solito con venti umidi dal mare – dal Settentrione.
Presto torneremo, quindi, a cercare di informare l'utente con il miglior dettaglio e la maggiore efficacia possibile, in modo che possa eventualmente attrezzarsi per affrontare giornate di pioggia, se non addirittura condizioni di eventuale pericolo.

Mi piacerebbe si potesse ripetere l'esperienza appena passata, a mio modo di vedere molto positiva in tal senso: l'aperta collaborazione tra meteorologi, assieme al supporto degli appassionati con dati, video e immagini puntuali e dettagliate ha permesso una diffusione ampia e costante di informazioni fondamentali a un bacino di utenza che mai avevo percepito così ampio.
Sono stati utilizzati i canali istituzionali, fondamentali; ma sono risultati molto utili anche i social e i siti web più conosciuti, per un passaparola rapido ed esteso.
C'è stata una sinergia di fondo, che dopo il veloce filtraggio di informazioni ridondanti o essenzialmente inutili allo scopo ha permesso di ottenere risultati. 

Da domani quindi si parte con una nuova occasione di collaborazione; una possibilità che va onorata al meglio, per dimostrare alla popolazione interessata dagli eventi previsti che una rete di informazione ben strutturata può fare davvero tanto per la prevenzione.

Pericolo di piogge eccessive? Andiamoci cauti

Il tempo sembra debba peggiorare seriamente durante la prossima settimana.
Aria umida, mite, richiamata dallo Scirocco verso i mari italiani caricherà un fronte di aria più fresca che dal nord Atlantico si tufferà verso i Pirenei, la Spagna e la Francia.

Gli appassionati del genere hanno già visto tante volte previsioni di questo tipo, con mappe che disegnano piogge estremamente abbondanti su alcune regioni italiane a causa di basse e alte pressioni che si dispongono in posizioni classiche per questo genere di eventi.
E sempre gli appassionati sanno che si potrebbe andare incontro a tutti i rischi correlati a piogge eccessive. Ma da qui a lanciare allarmi per alluvioni, frane e smottamenti per questa o quella parte d'Italia ce ne corre, eccome!

Sono tanti gli aspetti che non vanno in un tipo di comunicazione del genere.
Intanto la distanza in termini di tempo: come è possibile fare una previsione della quantità di pioggia che cadrà ad esempio sull'alto Piemonte a 5 giorni di distanza se ancora adesso non si è formato il fronte freddo che richiamerà l'aria calda e umida verso di noi?
Poi le modalità: è giusto che appassionati e tecnici seguano per motivi vari l'evolversi della previsione, in vista di possibili problemi; però le eventuali allerte o gli allarmi dovranno essere diramati dagli organi competenti, che avranno l'input dai centri di previsione regionali. La collaborazione più ampia possibile è un bene, ma deve essere scevra da protagonismi e incompetenze più o meno consapevoli.
Il malcelato protagonismo, appunto: cosa si vince a parlare per primi di alluvioni (che poi magari arrivano davvero, sì)? La gloria? Una manciata di like in più sui social?
Lasciando perdere i soggetti (fisici e giuridici) che lucrano sulla faccenda, ovviamente.

E altro ancora.
Sì, anch'io sono sicuro che un certo rischio c'è; ma non so quando, quanto, dove, come e perché.
Semplicemente, non lo sa ancora nessuno. Ma l'ansia da prestazione (da una parte) e da timore per sé stessi e gli altri (dall'altra) è già più che evidente.
Il risultato? Una gran confusione e basta.

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