Outlook Dicembre 2020

PREMESSA

L’autunno 2020 è stato connotato da alcune peculiarità, in particolare riguardo al meccanismo forzante della circolazione atmosferica sull’Emisfero Settentrionale (NH). Sul comparto euroasiatico il Jet Stream (JS) ha seguito una via preferenziale, “tracciata” dal pesante deficit della calotta artica nel settore siberiano.

Durante la fase di maturazione del vortice polare, le stagioni autunnali caratterizzate da condizioni di Niña moderata vedono sovente lo sviluppo di una forte azione meridiana, che statisticamente va a coinvolgere il continente europeo; la forzante operata dall’ammanco dei ghiacci nell’artico siberiano sul JS, nonché una circolazione pacifica dalle caratteristiche piuttosto ibride (specialmente nelle ultime settimane), ha di fatto inibito lo sviluppo di questa azione meridiana.

Altra caratteristica della stagione autunnale, in forte contrasto con quelli che avrebbero dovuto essere gli effetti del pesante deficit artico, è stata la vivacità del Vortice Polare Troposferico (VPT), decisamente attivo in termini di vorticità e sufficientemente accorpato da impedire lo sviluppo di onde di Rossby troppo ampie.

Facendo riferimento agli indicatori più comunemente utilizzati in sede di proiezione stagionale, l’inverno 2020/2021 si presenta ai blocchi di partenza con alcune caratteristiche piuttosto singolari:

  • Una Niña di intensità moderata, inizialmente modulata come Central Pacific (CP), in possibile graduale transizione in modalità East Pacific (EP);
  • Una Quasi-Biennal Oscillation (QBO) occidentale alle principali quote di riferimento (30-50 hPa), ma con una colonna asincrona per il salto di fase orientale delle quote medie, in probabile evoluzione tra metà di gennaio e il mese di febbraio alla quota di 30 hPa;
  • Un Indian Ocean Dipole (IOD) prevalentemente neutro o leggermente negativo;
  • Una Pacific Decadal Oscillation (PDO) negativa, ma con una disposizione delle anomalie di temperatura superficiali (SST) poco connotata

Caratteristiche dinamiche della stagione entrante sono:

A – STRATOSFERA

  • Un Vortice Polare Stratosferico (VPS) freddo e profondo, esito di eddy heat fluxes deboli, di fatto molto deboli sulla wave 1, deboli o al massimo moderati sulla wave 2, che hanno portato ad un consistente raffreddamento radiativo ad iniziare dalle quote più alte quote (1-5 hPa) ed in propagazione fino alla medio-alta stratosfera (10 hPa);
  • Una tendenziale moderata ellitticizzazione della massa, con deboli disturbi a carico delle Ertel Potential Vorticity (EPV) in probabile accentuazione durante il mese di dicembre

B – TROPOSFERA

  • Un precoce raffreddamento delle pianure russo-siberiane (HP termico), attribuibile in primo luogo alla dislocazione più ad ovest rispetto alla posizione climatologica dell’asse pacifico del VPT (Niña-like), che tende a immettere nuclei di vorticità potenziale con movimento retrogrado in entrata nel continente asiatico, ed in secondo luogo attribuibile alle anomalie termiche positive sulle coste artiche del vecchio continente che, immettendo calore in atmosfera, genera una corrente a getto piuttosto tesa in grado di inibire la penetrazione delle correnti occidentali (westerlies) all’interno del continente stesso.

Come di consueto l’analisi stagionale viene effettuata su base mensile, e dunque si focalizzerà maggiormente sul mese di dicembre, con un semplice accenno all’andamento dei successivi mesi invernali.

PROIEZIONI PER IL MESE DI DICEMBRE

Il primo mese invernale presenta alcune condizioni di partenza che differiscono in maniera sostanziale da quelli degli anni precedenti. Come detto in premessa, le condizioni di PDO negativa ed il forte raffreddamento delle pianure russo-siberiane dovrebbero consentire un posizionamento del vortice canadese non troppo invadente sui meridiani centro-orientali del Nord Atlantico; ci attendiamo inoltre un andamento piuttosto “oscillante” della suddetta depressione, grazie ad una corrente a getto molto forte sul Pacifico ma più modulata nel comparto atlantico.

La prima parte del mese sarà caratterizzata dall’ingresso di aria umida ed instabile dal Nord Atlantico verso l’Europa meridionale, da inquadrare all’interno di un trend ondulatorio che vedrà l’interazione con masse d’aria più fredda proveniente dai quadranti orientali o nord-orientali.

In questa fase la North Atlantic Oscillation (NAO) dovrebbe scendere ed attestarsi su valori leggermente negativi, mentre la risalita progressiva dell’indice Pacific-North American (PNA) consentirà in una prima fase un’ulteriore maggiore ondulazione del getto. Il contributo di un VPS piuttosto profondo, benché al di sotto della soglia di un Evento Stratosferico Estremo (ESE) di tipo “cold”, costituisce l’innesco dei flussi verticali di calore provenienti dalla troposfera verso la stessa stratosfera; la variazione dell’indice PNA verso valori positivi rappresenta l’evidenza di questa importante modifica, rispetto al debole regime dei flussi di calore che ha caratterizzato gran parte del mese di novembre.

Grazie quindi all’attivazione dei flussi di calore anche sulla prima onda (Wave 1), è lecito attendersi un primo indebolimento delle EPV in alta stratosfera, le quali potrebbero permettere verso la metà del mese una robusta azione a due onde in grado di causare una più severa “frenata” del VPS.

Come sopra accennato, la ripresa del PNA e di un momento angolare positivo (GLAAM+) rappresentano un momento forzante della troposfera con incremento di tensione della corrente a getto. Questa dinamica contribuirà ad una momentanea ripresa dei valori AO e NAO, ed al mantenimento di un buon gradiente orizzontale troposferico in grado di tenere la stratosfera ancora al di sotto dei valori critici di soglia del North Annular Mode (NAM).

Sostanzialmente, per la fase centrale del mese ci attendiamo una marginalizzazione dell’influenza nord atlantica, con un JS che dovrebbe transitare sul nord Europa garantendo un generale aumento della pressione ma lasciando tuttavia il Mediterraneo e l’Europa meridionale in un generale contesto di lacuna barica.

In questo contesto, la ripresa della corrente a getto polare andrà ad alimentare una divergenza nei pressi del continente europeo, portando ad una nuova espansione dell’alta pressione termica siberiana sul cui bordo meridionale inizierebbe ad affluire una circolazione secondaria di aria via via più fredda; questa situazione potrebbe protrarsi per più giorni, favorendo un graduale raffreddamento del comparto orientale europeo. In tale contesto circolatorio non è da escludere una maggiore incidenza delle masse continentali anche verso l’Europa centrale, in grado di apportare una progressiva quanto diffusa diminuzione delle temperature.

Nel corso della terza decade si dovrebbe assistere ad una nuova marcata ondulazione del treno d’onda pacifico; tale dinamica favorirà un fisiologico allentamento delle velocità zonali in Atlantico, che potrebbe indurre l’insorgenza di un blocco anticiclonico in Atlantico disteso verso l’Artico russo-scandinavo, con conseguente risposta di matrice artica o artico-continentale diretta verso i settori centro-occidentali europei.

Se tale azione trovasse conferma, il forcing dinamico potrebbe favorire un’ulteriore incidenza dei flussi su tutta la colonna del vortice polare (flussi peraltro già attivi per via della divergenza imposta dall’alta siberiana), generando una decisa instabilizzazione delle condizioni del VPS i cui risvolti sono impredicibili allo stato attuale.

LINEA DI TENDENZA PER I MESI DI GENNAIO E FEBBRAIO

Gennaio

Nella prima parte del mese ci attendiamo frequenti irruzioni di aria fredda (anche molto fredda) verso le medie latitudini a causa della presenza di un vortice polare debole; nella prima metà del mese si potrà assistere anche ad eventi invernali di rilievo. Tali condizioni, favorite dalla migrazione di nuclei di vorticità potenziale attraverso il continente euroasiatico, tenderanno progressivamente ad attenuarsi nella seconda metà del mese. Per la seconda metà del mese ci aspettiamo una transizione di AO e NAO su valori neutro/positivi; pertanto il tempo sul sud Europa dovrebbe essere caratterizzato da fasi maggiormente stabili, ma non essendo rimosso completamente il pattern precedente, inserimenti di natura continentale potrebbero colpire marcatamente il settore sud-orientale del continente.

Febbraio

Probabile netto rinforzo del vortice polare a tutte le quote, senza poter escludere un ESE di tipo “cold”. Il mese di febbraio dovrebbe trascorrere per gran parte sotto condizioni piuttosto miti ed asciutte grazie all’intensificazione delle correnti zonali in transito dal nord Atlantico verso l’Europa centro-settentrionale. Eventuali maggiori ondulazioni, in seno a correnti comunque sempre mediamente occidentali, potrebbero essere relegate all’ultima parte del mese.

Aspettative ed incertezze derivanti da uno split stratosferico

A cura del Comitato Tecnico Scientifico

Come prospettato in sede di Outlook invernale, il riscaldamento maggiore di tipo split è stato conclamato ad inizio gennaio e sta condizionando la circolazione stratosferica del vortice polare fino alle basse quote. (fig. 1)

Split stratosferico con divisione dei nuclei di PV

Pochi giorni prima tuttavia, una forte dislocazione del vortice polare su tutti i piani stratosferici ad opera della prima onda, aveva portato al superamento dei valori di soglia previsti da letteratura per conclamare un evento stratosferico maggiore.
Un originario disturbo troposferico piuttosto rapido si è concretizzato con un distacco di un nucleo di aria artica dalla Groenlandia che, con direttrice sud-sud-est, ha raggiunto il suo target proprio in queste ore sul Mediterraneo orientale, dopo essere transitata tra il Mar Adriatico e i Balcani.

Il riscaldamento maggiore di tipo split che, verosimilmente è andato successivamente a dar manforte (quale effetto indiretto) a tale dinamica, ha avuto facile ragione di un vortice polare stratosferico che si trovava molto allungato e dislocato sul Nord Atlantico con asse maggiore tra Canada orientale ed Europa.
E’ oggi del tutto evidente che la caratteristica peculiare che sta presentando, sia una propagazione limitata alle regioni polari e subpolari. (fig. 2)

Propagazione del disturbo stratosferico polare fino a 65/70°N


Infatti la compressione verso la troposfera del riscaldamento stratosferico, che sembra dover mantenere il vps alla quota principale di riferimento  ancora per almeno 10 giorni in condizioni di split (sulla base dell’analisi odierna dei centri di calcolo ecmwf), si è limitata ad oggi ai 70°N con il risultato di creare, anziché un blocco alla circolazione zonale fino almeno ai 40°N, una sostanziale divisione alta a bicella.

Oggi infatti la separazione delle masse artiche del vortice troposferico avviene sulla base di una ripartizione al di sopra di ciascun oceano (Pacifico ed Atlantico – fig. 3).

Ripartizione bicellulare del vortice troposferico

Paradossale agli occhi di molti ma reale il rinforzo della corrente a getto polare che risulta mediamente più bassa di latitudine rispetto il suo normale percorso ma non abbastanza da essere costretta a divergere e a scorrere fino alle latitudini subtropicali (portando quindi a NAO negativa).

Il gradiente termico infatti risulta ancora marcato appena al di sotto della posizione fisiologica della cella polare e questo crea una netta divergenza dei flussi di calore che al momento non sono in grado di strutturare onde di Rossby tali da modificare la circolazione atmosferica la quale assume quindi carattere prevalente di zonalità media.

Quali le cause di questo comportamento?

Si possono avanzare alcune ipotesi una delle quali poggia sull’anomalia che presenta ancora oggi e in prospettiva a lungo termine questa dinamica split.
Anomalìa che si concretizza nel ritardo nella ricostituzione del vps secondo i canoni ordinari presenti in letteratura ovvero dalle quote più alte della stratosfera che pare limitata e sostanzialmente stazionaria tra 1 e 5 hpa.

Infatti la ricostituzione del vps dopo il breakdown avviene a causa del rapido raffreddamento radiativo in alta stratosfera e l’embrione del nuovo vps si genera solitamente dal lobo eurasiatico mentre quello americano viene sostanzialmente distrutto.

In questo processo di ricostruzione si rigenerano gradualmente i nuclei di vorticità potenziale (epv) che conferiscono moto zonale ai piani inferiori (che è lo strumento propagativo verso il basso del MMW e contestualmente di riassetto dei piani superiori che vanno a forzare verso il basso la traslazione del disturbo).

Se, limitandoci a 10 hpa, osserviamo lo stato del vps, notiamo che le epv residue sono principalmente concentrate nel comparto americano mentre l’altro lobo è ancora praticamente inesistente. (fig. 4)

Previsione sullo stato delle epv a 10 hpa tra dieci giorni

La natura del tutto particolare di questo evento è ravvisabile, tra gli altri parametri, anche dallo stesso assetto delle epv che si presenta antitetico tra i piani in occasione di questa seconda bilobazione, laddove a partire dalla media stratosfera riscontriamo una concentrazione quasi interamente a carico del lobo siberiano.
Questo, riteniamo, sia avvenuto a causa della genesi del Major Midwinter Warming il quale ha avuto inizio con caratteristiche più assimilabili ad un displacement anche se poi sfociato inconfutabilmente, in base alle dinamiche successive, in uno split.
Riteniamo che questo sia alla base delle difficoltà propagative del disturbo che ancora oggi riscontriamo in prospettiva in quanto il segnale risulta decisamente frammentato e “a corrente alternata”,come dimostra lo stesso andamento dei flussi di calore ancora attivi e in rinforzo al limite della tropopausa in corrispondenza di un calo già ben avviato in medio alta strato.

La propagazione infatti non opera in modo selettivo come vi fosse un interruttore on/off a comandarla.

Effetti seppure indiretti della propagazione polare, come già precedentemente accennato ad inizio analisi, possono infatti estendersi nella sinottica troposferica come si ravviserebbero nella dinamica di distacco di un nucleo groenlandese che dopo aver imbiancato in Adriatico, ha portato un’anomalia termica notevole sui Balcani, flagellando l’Egeo e sotto i 35°N della Cirenaica e delta del Nilo, con successivo target su Israele e Giordania.
La stazionarietà almeno ad oggi di questa situazione in cui il getto ha già creato un suo alveo sulla parte orientale dell’Europa, non rende agevole formulare un’ipotesi di tempistica di propagazione diretta del disturbo bensì costringe a dover verificare lunghi tempi di attesa, certamente diversi rispetto quelli a suo tempo pronosticabili.

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