Prime nevicate in Scozia (UK) – Aberdeen imbiancata

Scozia piombata in pieno inverno, con nevicate diffuse su tutto il nord-est e le isole a nord del Paese; imbiancate anche alcune cittadine vicino a Glasgow ed Edimburgo, anche se a breve la neve lascerà spazio alla pioggia, con l'aumento sensibile delle temperature. James Wilby, un meteorologo del MeteoGroup UK, ha dichiarato: “E' stato un breve assaggio invernale sul nord del paese e su alcune zone più a nord di altitudine”. Le nevicate si sono registrate con temperature di poco superiori allo zero, valori che aumenteranno nel corso della giornata fino a raggiungere i 5-6°C in alcune zone. Deboli nevicate si sono registrate anche ad Aberdeen dove il manto nevoso ha raggiunto uno spessore di 3-5 cm su alcuni punti. 

Qui di seguito tutte le foto scattate in Scozia durante e dopo le premature nevicate. Ma non solo la Scozia è stata interessata da nevicate precoci. Anche altre zone d'Europa hanno visto i primi fiocchi stagionali. Seguiranno aggiornamenti.

 

Fonte: Diario Meteorologico della Terra

Un nuovo studio conferma l'aumento del livello del mare nel Nord-Est degli States

Un nuovo studio del professor Giovanni Boon del Virginia Institute of Marine Science mostra che il tasso di incremento del livello del mare è in aumento presso le stazioni di marea che sono situate lungo la costa atlantica del Nord America, tra cui quelli a Norfolk, Baltimora, New York e Boston. I risultati ottenuti da Boon confermano quelli di altri due studi recenti che trovano tassi di incremento del livello del mare lungo la costa atlantica degli Stati Uniti e del Canada. La sua ricerca ha creato discussioni nel corso dell'Oceans12 a Virginia Beach Convention Center di questa settimana. La questione riguardante l'aumento del livello del mare è di importanza fondamentale per chi ha il compito di pianificare e adattarsi alle inondazioni costiere nelle loro comunità. Boon afferma che proiezioni localizzate del livello dei mari sono necessarie per guidare la pianificazione regionale e l'adattamento, che sono portate avanti con sempre maggiore urgenza in molte località costiere. Aggiunge poi che non è solo il fatto che il livello del mare sia in aumento, ma che la velocità con cui è in aumento è anch'essa in crescita. Le analisi di Boon mostrano che il tasso di innalzamento del livello marino è in aumento in tutte le 8 le stazioni a nord di Capo Hatteras, nelle zone di Halifax, Nova Scotia, Portland, Maine, Boston, Massachusetts, Sandy Hook, Atlantic City, New Jersey, Baltimora, nel Maryland, e Norfolk, Virginia.

 

 

Boon sostiene che l'andamento del tasso di incremento del livello del mare sembra essere cambiato bruscamente dal 1987, dopo il quale si sono susseguiti aumenti nelle 8 stazioni nel nord-est. Questa situazione non ha precedenti a livello di record per quanto riguarda in particolare le stazioni degli Stati Uniti e del Canada. Boone fa inoltre notare che la velocità con cui il livello del mare è in aumento in questi luoghi è elevata: si tratta di un aumento di 0,30 millimetri l'anno (si tratta di un incremento che giustifica la preoccupazione per questa regione della costa orientale degli USA). I risultati dell'analisi di Boon per 4 stazioni lungo la costa sud-est degli Stati Uniti (nella Carolina del Sud, Georgia e Florida), non mostrano alcun aumento nel tasso di crescita del livello del mare: il livello del mare è in aumento in queste stazioni, ma non è rilevabile un'accelerazione statisticamente significativa del tasso di crescita durante il periodo in cui è stata effettuata la registrazione. Boon suggerisce che l'accelerazione del tasso di innalzamento del livello marino per le stazioni del nord-est può essere allora dovuta a variazioni della forza e della posizione della Corrente del Golfo.

 

 

Lo studio di Boon viene fornito con cautele e avvertimenti: egli stesso avverte che i pianificatori devono riconoscere che le proiezioni future del livello dei mari non si riferiscono ai mutamenti del livello del mare nei singoli mesi (che possono causare maree e inondazioni costiere elevate anche alle condizioni odierne), ma si riferiscono ad archi temporali molto ampi. Boon sostiene che il livello mensile medio del mare tenderà a variare in futuro, così come avviene mensilmente oggi. Questo è un aspetto fondamentale che è necessario tener presente quando si analizza il fenomeno delle inondazioni costiere. La proiezione futura del livello medio del mare sarà sempre incerta in quanto essa deve tener conto di diversi fattori, anch'essi mutevoli, che incidono sul livello del mare. E così anche anche per le previsioni delle tempeste future, le quali, con le loro onde, vanno ad incrementare il livello mensile medio del mare presente nel momento in cui si verificano.

Boon afferma che è necessario utilizzare l' accelerazione del tasso di aumento del livello del mare come base per le proiezioni future sul livello del mare. La sua analisi si basa unicamente su un esame delle passate maree (e dei record da ciò prodotti) e non sullo studio dei modelli climatici, i quali forniscono informazioni incerte e non adatte a creare una previsione per il futuro. Il problema principale riguarda l'accellerazione: supponendo che l'accelerazione possa rimanere costante, Boon prevede che entro il 2050 il livello del mare salirà di 0,7 metri a Boston, di 0,57 metri a New York, di 0,49 metri in Washington DC, di 0,62 metri a Norfolk e di 0,15 metri a Charleston, in South Carolina.

 


 

Boon osserva che la somiglianza nella proiezione dell'incremento del livello del mare tra Boston (0,7 m) e Norfolk (0.62 m), (nonostante un tasso di accelerazione molto più alto nel nord della città), si spiega con gli elevati tassi di cedimento del terreno nel Norfolk e nelle zone circostanti. L'analisi di Boon si concentra sul livello relativo del mare e questo valore dipende dall'altezza della superficie del mare in relazione alla terra: è questo l'aspetto maggiormente rilevante per le comunità costiere.

Fonte: Diario Meteorologico della Terra

Antartide: spettacolare nascita di un immenso iceberg

Il 12 Ottobre 2012 i funzionari del programma IceBridge della NASA, hanno ripreso nuovamente a monitorare la situazione riguardante la frattura creatasi nell'Ottobre 2011 nel Pine Island Glacier, uno dei più grandi ghiacciai dell’Antartide Occidentale. La profonda frattura nella parte terminale del Pine Island Glacier potrebbe creare un immenso iceberg che dovrebbe staccarsi definitivamente dal continente nella stagione estiva dell'Emisfero Australe, quindi in Dicembre. Questa spaccatura presenta una lunghezza di circa 29 chilometri, una larghezza fra i due lembi della frattura che raggiunge i 200 metri e presenta una profondità di circa 60 metri in alcuni punti.

 

 

Il Pine Island Glacier non è nuovo a tali fratture e alla formazione di nuovi icerberg, infatti anche nel 2001 e nel 2007 se ne sono formati di nuovi, ma è nel 2011 che l'IceBridge ha deciso di monitorare la situazione tramite satelliti ma soprattutto tramite spedizioni aeree in tali zone. La piattaforma di ghiaccio è rimasta stabile per tutta la stagione 2011 grazie anche alla stagione invernale e alle temperature gelide registrate durante il periodo nella quale si è registrato il nuovo record per i ghiacci antartici. Gli scienziati di tutto il mondo hanno comunque continuato a monitorare la situazione grazie al Moderate-resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) sui satelliti Aqua e Terra della NASA ma anche grazie allo strumento radar del satellite TerraSAR-X gestito dal Centro Aerospaziale Tedesco.

Le immagini seguenti mostrano l'avanzare della frattura mettendo a confronto le immagini satellitari tra il 31 Ottobre 2011 e il 14 Settembre 2012, grazie al satellite tedesco.

 

 

 

Fonte: Diario Meteorologico della Terra

Prime nevicate nella Svezia centro-settentrionale

Durante la notte del 15 Ottobre 2012 alcune zone montane della Svezia hanno ricevuto le prime nevicate; nella stazione di Höglekardalen nel Jämtland misurati ben 31 cm. Per questa stazione non è un evento insolito registrare nevicate verso la metà di Ottobre, visto che solitamente le nevicate si registrano i primi giorni della terza decade del mese. La neve è quindi apparsa solo qualche giorno in anticipo rispetto la media stagionale. L'altezza del manto nevoso è piuttosto notevole se si pensa che il record per questa stazione appartiene al 1992, con un'altezza pari a 41 cm (le osservazioni sono iniziate nel 1976). 
 
Queste le stazioni svedesi che hanno rilevato le prime nevicate stagionali.
 
Södra Norrland

Höglekardalen, 31 cm
Häggberget, 10 cm

Norra Norrland

Avasjö-Borgafjäll, 3 cm
Kittelfjäll, 2 cm
Glommersträsk, 1 cm

Svealand

Gördalen, 9 cm
Ulvsjö, 5 cm

Previste altre nevicate in quota, ma che dovrebbero spostarsi nella parte orientale del Paese.

 

 

 

 

Fonte: Diario Meteorologico della Terra

Emergenza in Uruguay – Antigas e Salto inondati

E' iniziata la primavera nell'sud-America ma lo stesso sistema perturbato che ha coinvolto il Brasile (Forte tempesta a Porto Alegre (Brasile)) nello scorso weekend, ha colpito e sta colpendo in modo ancor più pesante l'Uruguay, e particolarmente le zone nord-occidentali del Paese, nei dipartimenti di Salto e Antigas. Il fiume Cuareim (o Quarai in portoghese), che segna il confine tra il Brasile e l'Uruguay appunto, è esondato in diversi punti e molte famiglie sono evacuate proprio nella cittadina brasiliana di Quarai. 

 

(Uno scatto, come quello in copertina, proveniente dal Dipartimento di Antigas – Alfredo Simon)

 

Dal lato uruguaiano invece l'esondazione del fiume si presenta molto più grave, sono infatti 980 le persone nel solo dipartimento di Artigas che sono state costrette ad abbandonare le loro case. Il fiume Cuareim ha raggiunto gli 11,15 metri di livello, secondo il governo se il livello dovesse salire fino a 12 metri gli sfollati salirebbero improvvisamente a 2.500. Nella città di Colonia Palma, proprio nel dipartimento di Artigas, in 48 ore sono caduti 224 mm di pioggia, superando abbondantemente la media pluviometrica di ottobre.

 

(Grandine nel dipartimento di Salto)

 

Ma anche il dipartimento di Salto è alle prese con problemi simili: piogge torrenziali, forti temporali con grandine e vento che ha raggiunto raffiche prossime ai 70 km/h. Le precipitazioni localmente hanno raggiunto un accumulo prossimo ai 300 mm dall'inizio del peggioramento sabato, per valutare tale cifra si consideri che la media mensile per il dipartimento è prossima ai 120 mm. Un centinaio sono le persone evacuate, i trasporti sono difficili e l'energia elettrica è assente in migliaia di abitazioni. Nel Paese comunque molti altri sono i fiumi/corsi d'acqua esondati o oltre il livello di allerta, a cominciare dal fiume Uruguay stesso, e continuano a crescere. Complessivamente comunque da inizio peggioramento gli sfollati hanno superato abbondantemente il migliaio e si segnalano già 2 vittime per annegamento.

 

(precipitazioni accumulate da sabato 6 a ieri 9 ottobre 2012)

 

Ma il maltempo non intende ancora mollare la presa sull'area compresa tra l'Uruguay e il Brasile meridionale, il sistema semi-stazionario alimentato da aria calda da nord, nelle ultime ore è stato rinvigorito da un fronte freddo che determinerà ancora molte piogge, con altri 50-100 mm accumulabili in poche ore, e anche il vento e la grandine faranno la loro parte specie nelle zone più settentrionali dove l'instabilità è maggiore viste le temperature più alte. Il tempo dovrebbe migliorare gradualmente fin quando una massa di aria secca e più fredda dovrebbe interessare l'area, specie nel weekend.

 

Aggiornamento del 11/10/2012: SI AGGRAVA L'EMERGENZA TRA URUGUAY E BRASILE – FOTO

Medio e lungo termine: dapprima Anticiclone, poi Atlantico ed infine Artico

Medio e lungo termine: dapprima Anticiclone, poi Atlantico ed infine Artico

 

L'attuale fase autunnale prosegue in un contesto meteorologico anticiclonico molto mite, con termiche di qualche grado superiore alle medie stagionali, e con passaggi nuvolosi per lo più innocui.

L'Alta pressione che in questi giorni stazionava solo al centro-sud e nelle Isole Maggiori, si è espansa verso le regioni settentrionali, riportando anche qui tempo soleggiato e temperature molto miti.

Le regioni settentrionali da alcuni giorni sono ai margini di una intensa circolazione depressionaria, che veicolà aria umida ed instabile verso la catena alpina.

Nel corso del fine settimana giungerà una veloce perturbazione dal nord Europa, ma il suo obiettivo sarà la Penisola Balcanica.

Domenica 8 Ottobre la massa d'aria fredda sfiorerà le Alpi, riportando qualche precipitazione specie sul Triveneto.

Di sera le precipitazioni potrebbero raggiungere le Marche,Abruzzo e Molise. Nel contempo avremo un vistoso calo termico al nord, a causa dell'imgresso di fredde correnti di Bora.

Nella giornata di Lunedì 9 Ottobre le precipitazioni raggiungeranno i versanti tirrenici di Calabria e Sicilia, mentre il sole ritornerà a splendere sul resto della Penisola.

Nei giorni successivi ritorneranno condizioni stabili, soleggiate e mite, grazie ad una nuova rimonta dell'Alta pressione, frutto della fusione tra quella sub-tropicale e l'altra oceanica. Pur essendo in un contesto anticiclonico, le regioni settentrionali saranno nuovamente preda di correnti umide oceaniche, a causa del passaggio oltralpe di un fronte atlantico.

Nei giorni succcessivi la pulsazione del Vortice Polare andrà a disturbare il robusto blocco anticiclonico in Atlantico. La vasta saccatura polare che si staccherà, sfruttando la spinta settentrionale dell'Alta delle Azzorre verso il Regno Unito, potrebbe prendere la via del Mediterraneo centro-occidentale.

Attorno al 15 Ottobre l'aria fredda giungerà sulla nostra Penisola, attraverso la Valle del Rodano, generando così una profonda depressione sui mari ad ovest della nostra Penisola ( low Genova).

Avremo marcato maltempo ovunque, con un calo termico marcato a tutte le quote. La neve pottrebbe cadere su Alpi ed Appennino a quote basse.

L'episodio freddo e pertturbato dovrebbe concludersi entro la giornata di Venerdì 19 Ottobre. Mentre al nord ritroveremo ancora termiche inferiori alle medie stagionali, avremo un rialzo delle temperature al centro ed al sud.

Fonte immagini: Modelli MeteoNetwork http://www.meteonetwork.it/models

Fabio Porro

Prima neve per States e Canada: attesi fino a 50 cm

Ad un mese dall’inizio dell’autunno meteorologico ecco che nell’America del nord, in queste ore ci si prepara  ad assaporare i primi assaggi d’inverno.  In questo momento la prima neve sta cadendo in Nord Dakota e in Minnesota, ma già ieri si era fatta vedere in Canada e il particolare nella provincia di Alberta alle pendici delle Montagne Rocciose. Nei prossimi tre giorni sono attese nevicate anche abbondanti nel Montana, nel Wyoming e  fino in Colorado ma pure in Virginia e nel Main con accumuli di qualche centimetro, ma è nel Wisconsin e in Ontario che la neve potrà raggiungere anche i 30-50 cm, accumulo davvero ragguardevole per il periodo. Vista la stagione però le temperature durante il giorno consentiranno lo scioglimento della neve, ma di notte quando la colonnina di mercurio tornerà sotto zero si formeranno strati di ghiaccio che costituiranno un serio pericolo, unica nota negativa di questo primo scampolo d’inverno americano. Ecco le primissime immagini:

 

(foto scattata ieri a Calgary (Alberta – Canada) da weathernetwork)

 

(foto scattata la notte scorsa in North Dakota – da twitter)

 

(foto scattata questa mattina in North Dakota – da twitter)

 

(webcam di pochi istanti fa dalla città di Grand Forks – North Dakota)

 

 


Fonte: Diario Meteorologico della Terra

Stati Uniti: 2012 con incendi da record nel West – analisi e statistiche

La stagione degli incendi del 2012 non è ancora finita, ma quest'anno già si preannuncia essere uno dei peggiori per quanto riguarda il record di incendi nella zona ovest dell'America. Secondo il National Interagency Fire Center, con quasi due mesi rimanenti per terminare la stagione degli incendi, la superficie totale bruciata quest'anno è già del 30% superiore rispetto alla media, e gli incendi hanno consumato già più di 8.6 milioni di acri, una superficie superiore allo stato del Maryland.

 

 

Negli ultimi 40 anni, l'aumento delle temperature primaverili ed estive, insieme alla diminuzione del manto nevoso invernale, hanno aumentato il rischio di incendi nella maggior parte dell'Occidente. Gli studi dimostrano che il cambiamento climatico continuo sta comportando incendi molto più comuni e diffusi, cosa che sarà alquanto comune nei prossimi decenni. Il National Research Council riferisce che per ogni grado Celsius di aumento della temperatura, la dimensione dell'area bruciata negli USA occidentali potrebbe quadruplicare. Secondo il 4° Rapporto di valutazione dell'IPCC, le temperature estive nel Nord America occidentale continueranno ad aumentare con un incremento da 3.6°F a 9°F entro la metà di questo secolo.

 

 

Un' ampia analisi, che è stata condotta in un arco temporale di 42 anni per 11 stati occidentali, mostra che il numero di incendi di grandi dimensioni è di molto aumentato nel territorio forestale.

Rispetto alla media annua dal 1970, negli ultimi dieci anni ci sono stati,

– più di 7 incendi rispetto alla media, che hanno distrutto una cifra superiore a 10.000 acri ogni anno

– incendi di dimensioni quasi 5 volte superiori alla media (oltre 25.000 acri ogni anno bruciati)

– incendi almeno due volte più numerosi che hanno distrutto oltre 1.000 acri ogni anno.

 

In alcuni stati l'aumento degli incendi è ancora più drammatico. Dal 1970 il numero medio di incendi oltre i 1.000 acri ogni anno è quasi quadruplicato in Arizona e Idaho, ed è raddoppiato in California, Colorado, Montana, Nuovo Messico, Nevada, Oregon, Utah e Wyoming.

In media, gli incendi bruciano superfici due volte tanto ogni anno rispetto a ciò che hanno distrutto 40 anni fa. Negli ultimi dieci anni, la media dell'area annuale bruciata ha superato 2 milioni di acri – dimensioni maggiori di quelle del Yellowstone National Park. La stagione degli incendi è di due mesi e mezzo più lunga rispetto a 40 anni fa. Attraverso l'Occidente, gli incendi della prima parte dell'anno, compaiono sempre prima rispetto che al passato, e gli ultimi “fuochi” dell'anno si verificano sempre più tardi, rendendo un anno “tipico” della durata di 75 giorni in più rispetto a 40 anni fa.

 

 

L'aumento delle temperature primaverili ed estive in tutto l'Occidente sembra essere correlata alla crescente dimensione e al crescente numero degli incendi. Le temperature primaverili ed estive sono aumentate più rapidamente in tutta la regione rispetto al resto del paese, negli ultimi decenni. Dal 1970, gli anni con temperature superiori alla media primaverile ed estiva, sono stati tipicamente gli anni con i più grandi incendi.

 

 

Precedenti ricerche rivelano che i cambiamenti climatici, tra cui l'innalzamento delle temperature e l'insorgenza anticipata della primavera, sono stati collegati ad un aumento dei livelli di gas serra atmosferici e sono probabilmente fattori che hanno influenzato questi aumenti degli incendi. Più la temperatura media globale aumenterà, più, per i ricercatori del progetto, il rischio di incendi nelle zone ad ovest dell'America accelererà.

Fonte: Diario Meteorologico della Terra

Torna la neve in Spagna, Pirenei imbiancati

Dopo mesi di siccità e temperature sopramedia, finalmente anche la Spagna torna ad assaporare non solo le grandi piogge ma anche le prime nevicate sui Pirenei, addirittura fin verso i 1700 m in alcune vallate. Prime nevicate che si sono registrate il 26 Settembre 2012, dove maggiori accumuli si sono registrati oltre i 2500 metri e dove le temperature sono scese abbondantemente sotto lo zero: nel Pic de Saloria, ad esempio, a 2451, la temperatura è scesa a -2,2 ° C. Oltre i 3000 m le temperature hanno raggiunto anche i -5°C. Accumuli comunque non superiori ai 10 cm. Gli scatti sono stati forniti soprattutto dalle webcam del luogo.

 

 

Come già sottolineato, finalmente sono tornate le grandi piogge su alcune regioni spagnole, soprattutto a ridosso dei Pirenei e in Andalusia, dove gli accumuli sono stati in alcuni casi abbondanti.

 

Fonte: Diario Meteorologico della Terra

Polonia: la siccità aiuta la storia

Negli ultimi mesi, le scarse precipitazioni hanno portato la Vistola, il più lungo fiume polacco, a raggiungere il suo minimo storico di portata, da quando sono iniziate le rilevazioni 200 anni fa: il letto del fiume nella città di Varsavia presenta solo qualche rigagnolo dal flusso molto debole. Questa drammatica siccità però ha dato un contributo importantissimo per storia della Polonia: dalla fanghiglia presente nel letto del fiume infatti negli ultimi giorni sono emersi degli enormi manufatti di marmo, provenienti da un carico affondato 400 anni fa.

 

 

Secondo gli archeologi, che ipotizzavano la presenza dei reperti in fondo al fiume, si tratta del carico di alcune chiatte svedesi, poi affondate, che trasportavano quanto rubato dal castello di Varsavia e da altri palazzi della città durante l’invasione del XVII secolo. Questa è la prova più importante mai scoperta riguardante l’invasione svedese in territorio polacco, affermano gli studiosi.  Il carico, che comprendeva colonne, statue, gradini e molti altri oggetti marmorei di grande dimensione, era probabilmente diretto verso Danzica, da dove gli svedesi l’avrebbero poi trasportato verso la loro terra d’origine, tuttavia le cause dell’affondamento sono ancora ignote. Nel letto del fiume poi sono stati rinvenuti ordigni inesplosi e altri reperti risalenti al periodo della seconda guerra mondiale, ma questo tipo di ritrovamenti sono molto comuni, considerato il triste passato dell’area.

 

 

“La siccità ci ha aiutato molto: cioè che era sommerso e per metà sepolto dalla sabbia ora può essere recuperato”, ha dichiarato Hubert Kowalski, vice direttore del Museo dell'Università di Varsavia. Ma ora è importantissimo rimuovere i reperti dal letto del fiume e catalogarli. Tuttavia il livello del fiume è troppo basso affinchè le gru galleggianti possano intervenire per estrarre gli enormi blocchi di  pietra dalla fanghiglia maleodorante, quindi si attende un incremento del livello per fare un balzo in avanti nelle operazioni di recupero. Un rapido incremento del fiume è atteso anche per riprendere la normale navigazione, ora gravemente limitata ma soprattutto per scongiurare la chiusura di alcune centrali elettriche che utilizzano l’acqua del fiume per i loro sistemi di raffreddamento. (foto credit: Reuters)

Fonte: Diario Meteorologico della Terra

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