Oltre 30 Tornado in Italia nel 2014

(Tromba marina fotografata il 23 agosto 2014 nei dintorni di Genova dal cacciatore di temporali Andrea Tritto, quel giorno se ne avvistarono addirittura una quindicina!)

 

Siamo due ragazzi di 20 anni, appassionati fin da bambini di meteorologia. “Tornado in Italia” è il nostro piccolo progetto di classificazione e analisi dei tornado, iniziato nel gennaio del 2014. I fenomeni estremi e in particolare i tornado ci hanno sempre attratto, così, cercando di capire qualcosa in più ci siamo posti questa domanda: “quanti tornado toccano il suolo italiano ogni anno?” Abbiamo quindi iniziato un lavoro di schedatura e annotazione di date, località, tipologia dell’evento, foto, video e carte meteorologiche. Quello che ne è venuto fuori è interessante, sono ben 33 i tornado che hanno toccato il suolo nel 2014. Difficile dire se questi fenomeni sono in aumento rispetto al passato, prima d’ora i dati sono pochi e parziali. Bisogna tenere presente che se 30 anni fa una tromba d’aria toccava il suolo tra le risaie del vercellese, questa era vista dal contadino che lì lavora e da pochi altri. Ora è molto più facile venirne a conoscenza grazie alle segnalazioni sul web e sui social network; è  infatti proprio grazie a Facebook e alle segnalazioni delle persone sulla nostra pagina Facebook “Tornado in Italia” che siamo venuti a conoscenza della maggior parte degli eventi.

 

DOWNBURST O TORNADO?

 

Spesso dopo violenti temporali caratterizzati da forti raffiche di vento si sente parlare di “tromba d’aria” o tornado (sono sinonimi!); in realtà il più delle volte, i danni causati dal forte vento sono da attribuire a quello che in gergo viene chiamato downburst, ovvero una forma particolarmente violenta di corrente discendente (downdraft) della nube temporalesca. Nei temporali più violenti, come quelli a supercella, le raffiche di downburst possono raggiungere velocità prossime ai 100km/h, simili a quelle di un tornado “debole”. Vi è però una differenza fondamentale: le raffiche di downburst si propagano linearmente, i venti associati ad un tornado ruotano intorno ad un asse verticale. Quello che contraddistingue un tornado o una tromba d’aria dalle raffiche di downburst, è il classico imbuto, che a seconda dei casi può essere più o meno condensato.

Un’altra notevole differenza sta nei danni che essi causano. La traccia dei detriti da downburst ( i rami spezzati, i pali, gli alberi ecc) ha un andamento che diverge a partire da una linea centrale nel core del downburst. È quindi disposta a ventaglio. I downbursts interessano un territorio avente diametro di qualche km.

L’area colpita da un tornado è in genere molto minore (dall’alto si può vedere la classica traccia lunga e stretta). La traccia dei detriti lasciata dalla nube ad imbuto è disposta in modo circolare. Si possono vedere tronchi di alberi spezzati o scorticati e pericolosissime schegge conficcate nei muri. Anche per questo è bene osservare questi eventi da molto lontano!

 

(Piccolo tornado non mesociclonico a Genova (25 febbraio), foto di Davide Monetti)

 

CI SONO TORNADO ITALIANI E TORNADO AMERICANI…  MA SARA’ VERO?

 

Ebbene no, i tornado non hanno differenze di razza (le leggi fisiche sono uguali in ogni parte del mondo!), ma di pelle sì, vi sono infatti due principali tipologie: tornado mesociclonici e non mesociclonici.

Un tornado si definisce mesociclonico quando la nube temporalesca o cumulonembo, da cui è originato, ha un mesociclone. Ma cos’è un mesociclone? Ogni nube temporalesca possiede a grandi linee due correnti, una ascendente e una discendente. Si parla di mesociclone quando la corrente ascendente ruota (di solito in senso antioraro nel nostro emisfero). Il mesociclone non è altro che l’area in cui avviene la rotazione. Il cumulonembo viene in questo caso chiamato “supercella”. I tornado così formati sono i più potenti e intensi.

E i tornado non mesociclonici? Questi non hanno bisogno di una supercella, ma possono formarsi da un qualsivoglia cumulo congesto o cumulonembo.

 

 

(Landspout di Maserada sul Piave (23 marzo 2014), foto di Giorgio Pavan)

COSA SI INTENDE PER LANDFALL E LANDSPOUT?

 

Il landfall avviene quando una tromba marina (un tornado formatosi sul mare o su un lago) tocca la terraferma. Importante far notare che il landfall non è dunque una vera e propria tipologia, infatti i tornado sono o mesociclonici o non mesociclonici (nella tabella il termine “landfall” si trova sotto la voce tipologia per dividere i tornado che si sono formati direttamente sulla terraferma da quelli formatisi sul mare e che hanno poi toccato terra).

Il landspout è un tornado non mesociclonico.

 

(Il momento del lanfall a Diamante (1 settembre 2014)! Fonte Meteonetwork Calabria Onlus)

 

COME SI MISURA L’INTENSITA’ DI UN TORNADO?

 

Misurare la velocità del vento di un tornado è piuttosto complesso, bisognerebbe infatti lanciare all’interno di esso un anemometro. Così, nel 1971, il Prof. Fujita ha ideato una scala in base alla quale ad ogni tipologia di danno causato dal tornado veniva associata una velocità del vento. Questa è la Scala Fujita. Studi successivi l’hanno poi migliorata e aggiornata finchè nel 2007 si è passati dapprima alla Scala Enhanced Fujita derivata (EF) ed in seguito alla Scala Enhanced Fujita operativa . Più complessa e precisa delle precedenti tiene conto di molte più tipologie di danni. I gradi della scala Enhanced Fujita operativa vanno da EF0 a EF5.

EF0: venti  compresi tra 104 e 137km/h

EF1: venti compresi tra  138 e 177km/h

EF2: venti compresi tra 178 e 217km/h

EF3: venti compresi tra 218 e 266km/h

EF4: venti compresi tra 267 e 322km/h

EF5: venti maggiori di 322km/h

 

EVENTI DEL 2014

 

Ecco la lista di tutti gli eventi documentati che quest’anno hanno toccato il suolo italiano; le trombe marine non sono contemplate essendo probabilmente diverse centinaia e quindi di difficile stima. La regione con più tornado è il Veneto, ne sono stati segnalati ben 5! Il mese con più eventi è agosto a cui segue luglio. Si ricordi infatti come quest’anno, i mesi estivi, siano stati piuttosto perturbati. Infine come era da aspettarsi la maggior parte dei tornado è di tipo non mesociclonico (82%), mentre solo il 12% è associato ad un mesociclone. I tornado sono stati per lo più di debole intensità; solo uno ha raggiunto con certezza il secondo grado della scala EF, il tornado di Nonantola (Emilia Romagna) del 30 aprile.

 

(Mappa creata da noi con tutti gli eventi del 2014)

 (Spettacolare tornado EF2 di Nonantola, fonte Youreporter.it)

 

Sperando di non avervi tediato troppo, ecco un piccolo approfondimento un po‘ tecnico!

LA PREVISIONE DEI TORNADO IN ITALIA E’ POSSIBILE?

 

No, non è possibile una previsione o meglio questa previsione è soggetta ad un errore elevatissimo. Per quanto riguarda i tornado mesociclonici, oltre allo studio dei modelli a scala globale e dei modelli matematici ad alta risoluzione in generale (Limited Area Model), ci si può avvalere di quelli che vengono chiamati “indici termodinamici” , speciali valori che mettono in correlazione alcune caratteristiche termodinamiche dell’atmosfera e che si è visto che statisticamente (per lo più sul suolo americano) hanno portato alla formazione di tornado. Questi indici (SWEAT, EHI, SREH) , molto in voga tra gli appassionati, sono però sviluppati per le grandi pianure statunitensi e sul variegato suolo italiano risultano avere un errore probabilmente maggiore. Si può quindi solo stabilire a grandi linee un’area di rischio, ma è impossibile indicare il luogo e l’ora esatta.

La previsione di tornado non mesociclonici è invece praticamente impossibile sul suolo italiano, poiché la loro genesi, come spiegato più avanti, risiede nella convergenza di venti al suolo. Questa convergenza può variare per moltissimi fattori legati anche all’orografia, e ha una scala così ristretta nello spazio che è molto difficile che sia individuata da un modello inizializzato con dati che già in partenza presentano errori e che simula la realtà tramite equazioni fisiche.

Un po’ più precisa è la previsione delle trombe marine, eccone un esempio: possiamo notare la circolazione dei venti al suolo dalle immagini (sotto) sviluppate dai modelli meteo “Lamma” e “Meteonetwork” il giorno 6 novembre. Sul Mar Ligure sono presenti due minimi di pressione al suolo (contrassegnati dalla lettera “B“ aggiunta da noi). Ricordando come intorno ai minimi di pressione il vento ruoti in senso antiorario, si può facilmente vedere che il minimo posto a sud ovest della Liguria richiama verso nord est, l’aria calda e umida presente sul mare. L’altro minimo “B” a nord est, agevolato dalla caduta, attraverso le valli montuose, di aria più fredda presente sulla pianura piemontese, spinge quest’aria verso sud. Si forma così una linea di convergenza (linea bianca). Lungo questa linea, proprio perché sopraggiungono due venti che hanno direzione diversa, si possono formare alcuni vortici detti “misocicloni”. La tromba marina si innesca allorquando una corrente ascensionale si sovrappone ad uno di questi misocicloni nei bassi strati, determinando un rapido “stretching” verso l’alto del vortice che presenta già un asse verticale.

 Questa piccola analisi ci fa quindi capire quanto sia bassa l’attendibilità di una “previsione” del genere. Linee di convergenza si formano spesso, ma i tornado che si originano da esse sono ben pochi. In questo caso però le trombe marine generate furono diverse (foto sotto).

Come diceva il grande Andrea Baroni:”La meteorologia è una scienza inesatta, che elabora dati incompleti, con metodi discutibili per fornire previsioni inaffidabili”.

  

(immagine dei venti al suolo elaborate quel giorno dai modelli previsionali  “MeteoNetwork”)

(immagine dei venti al suolo elaborate quel giorno dai modelli previsionali  “Lamma”)

 

 

(Due delle trombe marine del 6 novembre sul Mar Ligure, un ringraziamento a Liguriainside.it per la concessione)

               

Ricordatevi di passare sulla nostra pagina Facebook “Tornado in Italia”, abbiamo bisogno di segnalazioni e foto per migliorare il lavoro. Un ringraziamento speciale a  “Rete Meteo Amatori” per il supporto nella presa dati.

Stefano Salvatore e Federico Baggiani

L'Inverno 2014-15 “likes” i Laghi Lombardi

La stagione invernale ( quella Meteorologica) si è conclusa un paio di settima fa, con molti “disinguo” in Lombardia.

I passaggi perturbati per lo più molto “rari” nella stagione appena trascorsa, hanno riportato alcune precipitazioni  dopo lunghi periodi asciutti, miti e talvolta molto ventosi specie nel settore ovest della Regione.

Le temperature non uniformi sul territorio lombardo, hanno “giocato” un ruolo determinante nelle fasi pertubate. Molto le occasioni “nevose” che hanno interessato alcune località lacustre lombarde, sopratutto nella Provincia di Verbania-Cusio-Ossola. Temperature inferiori di alcuni gradi, anche di 3-5°C rispetto alle altre Province dove alla stessa quota ha prevalso la pioggia.

Tanta neve durante i passaggi perturbati sulla cittadina di Cannero Riviera, su Cannobio posta alla quota di 215 metri sul livello del mare, e perfino anche a Verbania ridente località del Lago Maggiore.

Insomma una stagione invernale che spesso ha “favorito” la bassa Lombardia, talvolta i Laghi Lombardi e non sempre i Monti.

Fabio

Malinconie di fine stagione

Le ultime note di stanca instabilità al meridione, poi tempo da ovest, con passaggi nuvolosi sparsi, qualche nevicata lungo la cresta delle Alpi, un po' di anticiclone e, dulcis in fundo, quella parentesi fredda già fin troppo inflazionata; queste sono le ultime note di un inverno che c'è stato e non c'è stato.  Qualche fugace e breve impennata d'orgoglio, non ha smosso più di tanto un contesto complessivamente piatto, lontano anni luce dalla stagione invernale, anzi infernale del nord America.

E il problema potrebbe essere stato proprio il canadese, quella anomalia bloccata per troppo tempo sugli stessi luoghi e tutto il resto del mondo a girare intorno senza capo ne coda.

Il mesto passaggio di consegne tra l'inverno e la primavera meteorologica avviene tra chiazze di neve che ingialliscono sui colli, banchi nuvolosi che si rincorrono, un po' di vento, mari mossi e un saliscendi delle temperature già tipico della stagione entrante. Tra un po'calerà anche il sipario fantasioso di chi ha visto per mesi (chissà come) sempre e solo gelo, un inciampo dietro l'altro a questo giro, mentre si preparano all'opera i climatologi, pronti a far l'autopsia al generale.

Ora l'ultimo treno, quello che si porterà via la stagione meteorologica, magari con un colpetto di acceleratore del freddo nella prima decade del nuovo mese, ultimo contentino, sarebbe meglio dire la delusione di chi è rimasto con l'amaro in bocca. 48 ore alla primavera, con i suoi cieli carichi d'azzurro, con i suoi temporali, le sue nevicate in montagna, il sole che prende coraggio e quelle temperature sempre e comunque gradevoli.

Eppure c'e chi, in attesa di un nuovo inverno, è già partito con il conto alla rovescia…

Luca Angelini

La neve ritorna in Lombardia, più abbondante in Val Padana

La stagione invernale, molto avara di precipitazioni per la nostra Regione, nella scorsa settimana ( 5-6 Febbraio) ha “piazzato” questa volta un “punto” a suo favore.

Dopo alcune giornate ventose e terse, un profondo minimo depressionario si è “piazzato” tra Corsica e Liguria, attivando correnti umide e perturbate verso la Lombardia. Il posizionamento del minimo depressionario, ha favorito che le precipitazioni si “concentrassero” tra le province della bassa Lombardia. Così tanta neve tra Pavia, Lodi,  Cremona e Mantova, con  accumuli quasi vicino ai 50cm. Tutto anche grazie alle temperature che si sono mantenute rigide per il periodo preso in esame.

Meno neve sulla fascia pedemontana lombarda, pochissima e quasi assente sul livignasco.

Il fronte atlantico in transito in queste ore, ridarrà un pò di “fiato” alle montagne lombarde, con  accumuli precipiativi nevose “degne” della stagione in corso.

Porro Fabio

Lombardia: Temporali, grandine e neve: Fase invernale molto dinamica

L'Inverno 2015  giunto  al suo secondo mese di cammino stagionale, ci stupisce con effetti “speciali”.

Dopo i venti settentrionali e le giornate con il favonio, la stagione invernale si è risvegliata dal “letargo”, inviando verso la Lombardia correnti più fresche, che trovando temperature ancora troppo elevate, hanno innescato rovesci temporaleschi su alcune province lombarde. L'ingresso di correnti più fredde in quota, hanno favorito la formazione di cellule temporalesche nella giornata di Sabato 17 Gennaio. Strade imbiancate tra le province di Lecco, Como, Bergamo, Varese e Milano. Accumuli anche notevoli, come era successo nella giornata del Ferragosto 2014.

Ma la neve ( anche se poca)  finalmente è giunta nella nottata di ieri sera, portata da un fronte atlantico e da aria di matrice polare.  Una leggera “spolverata” sui colli, pioviggine sulla Pianura. Le condizioni meteo sono cambiate radicalmente in questi giorni. Il vortice polare “disturbato” dai continui attacchi dell'Alta pressione delle Azzorre e dall'Alta del Pacifico, favorirà la discesa di nuclei gelidi verso la Lombardia.

Vi sono buone propettive per rivedere nuovamente un pò di neve anche quota basse nei prossimi giorni. Avremo anche una accentuazione del freddo, con l'ingresso di correnti di matrice continentale.

L'Inverno stavolta non ci dovrebbe “deludere”.

Porro Fabio

USA vs Europa: l'inverno con un piede in due scarpe

Nuova ondata di gelo e neve prevista per domani, venerdì 30 gennaio, sugli stati centro-orientali del nord America, Canada e Stati Uniti. E' già stata diramata un'allerta che prevede oltre al vento forte e alle temperature sotto lo zero, anche la possibilità di ulteriori accumuli nevosi sul suolo nord-americano, in particolare lungo la fascia nord-orientale, così come risulta dalla figura in alto.

Da una parte all'altra dell'oceano, anche in America qualche nota polemica ha accompagnato la precedente allerta, fortunatamente non realizzatasi nella severità dei fenomeni previsti inizialmente. Un shift, un lieve spostamento verso est del perno ciclonico e le grandi nevicate sono finire in mezzo al mare, anzichè seppellire New York.

Poco importa, l'inverno adesso non è solo degli Americani. Giusto per smentire chi vede nel lobo canadese del vortice polare la causa dei mancati inverni in Europa, e rimandare invece ad analisi più complesse come quelle relative alle vicende chiave avvenute da poco in stratosfera, e il “generale” ha ora un piede in due scarpe: l'America da una parte e l'Europa dall'altra.

Questo a causa del disassamento della circolazione circumpolare verso l'emisfero euro-atlantico, anche a causa di un disturbo di fondo dovuto dall'altra parte dell'emisfero, tra il settore asiatico e quello pacifico, ad una serie di riscaldamenti che vanno a spingere verso di noi la vorticità polare. Tecnicamente è andato delineandosi quello che in gergo è noto come “displacement”, ovvero una fuoriuscita del Vortice Polare Stratosferico dall’asse del Polo Nord geografico. 

Va da sè che un tale disegno è avvezzo a trasportare nuclei di vorticità, quindi potenziali situazioni di maltempo, inseriti in un contesto squisitamente invernale.

Come avrete notato, non compaiono ipotesi estreme, perchè in stratosfera non si è compiuto ne si va compiendo alcun evento estremo. Diffidate pertanto di chiunque perseveri da mesi nel portare avanti tesi di gelo estremo per l’Italia, rimandando l’evento di volta in volta sino all’eventuale buon fine. In questo caso ci aspetta nel concreto un finale di gennaio e un inizio di febbraio improntati, come detto, ad una spiccata dinamicità invernale, comprendendo con questo anche fenomeni nevosi a bassa quota, occasionalmente di pianura su alcuni settori, pur in un contesto che può essere ascritto tranquillamente alla normalità climatica del nostro Paese.

Detto in altri termini, ci troviamo dinnanzi ad una situazione ciclonica invernale di tutto rispetto, un pattern che solitamente non si risolve in tempi brevi ma che necessita di diversi giorni per smaltirsi. Innescato come deto da forzanti a scala emisferica, con parziale contributo della stratosfera, questo stato dell'arte ha dovuto prender la ricorsa e ora è pronto a correr via per catapultarci verso la probabile, naturale prosecuzione di questa pulsante fase invernale almeno sino a tutta la prima settimana di febbraio. Dovremo attenderci fenomeni estremi? Alla luce dei fatti in Italia no, ma non per questo il periodo che stiamo vivendo non potrà essere chiamato senza remore e, perchè no, anche con un sospiro di sollievo, “vero inverno“.

Luca Angelini

Lombardia: Inverno quasi assente, fohen molto presente!

Anche ad inizio Gennaio la stagione invernale ha deluso nuovamente.

L'invadenza assidua dell'Alta pressione oceanica ha vanificato buona parte dei progetti, messi in atto dalla stagione invernale. Perturbazioni atlantiche “regalate” nel nord Europa, fronti freddi in discesa sul fianco orientale dell'Alta pressione “confinati” alla Regione balcanica.

Lo spostamento verso l'alto Atlantico della cellula di Alta pressione,  ha favorito due episodi corposi di favonio: Il primo a ridosso della Festività dell'Epifania, il secondo lo scorso fine settimana ( Domenica 11 Gennaio).

Nell'  episodio di Domenica 11 Gennaio, il contributo della corrente a getto ( jet stream) ha inasprito notevolmente il rialzo delle temperature. La corrente a getto in uscita dagli Stati Uniti, ha “trascinato” con se masse d'aria tiepide. Le temperature hanno molto risentito anche di questo ultimo elemento, toccando perfino i 14-17°C tra le province di Varese, Como, Lecco, Bergamo e Monza-Brianza. Meno interessate le province ad est, con un divario termico localmente  di almeno 10 gradi.

Il vento ha spazzato buona parte delle province lombarde, con raffiche che ad inizio evento che hanno superato i i 60-70 Km/h, con raffiche anche superiori ai 100 km/h in montagna.

Primavera nel bel mezzo di gennaio? Incredibili analogie

“Gennaio come aprile, nord-ovest come nord-est, regioni settentrionali come regioni meridionali. Un unico comun denominatore ha unito tutta l'Italia sotto le mentite spoglie di una falsa primavera…… ” Stop!

Potrebbe sembrare cronaca attuale ma, se non ve ne siete accorti, abbiamo fatto un salto di ben 7 anni, ripescando quel che successe nel corso di un altro gennaio dal sapore ben poco invernale quello del 2008 e, in particolare di quel fenomenale 28 gennaio. Fino ad oggi si era fermata certamente a quel giorno la corsa al guinness dei primati per l'assalto ben poco deontologico ad acchiappare il record della giornata più mite nella storia dei nostri inverni. Fino ad oggi…

Ma andiamo col rewind e torniamo all'inizio, ripercorrendo quel che accadde allora: …. “Un unico denominatore ha unito tutta l'Italia” – dicevamo- :”la mitezza irreale: Torino 23°C, Cuneo 22°C, Malpensa 20°C, Bolzano 17°C, Milano 16°C. Ma anche Dobbiaco (1.226 metri) 10°C esattamente come Tarvisio (780 metri), e per finire il Monte Paganella 2.130 metri (Tn) ben 8°C. Parrebbe un normalissimo bollettino di metà aprile ma il calendario rimase ottusamente inchiodato su di un mese di gennaio che sembrava non finire mai. La lenta apparente agonia di un inverno che aveva dato tante speranze e anche qualche soddisfazione, in quel giorno di fine gennaio, in quel periodo che tutti conosciamo come “i giorni della merla”, aveva gettato impietosamente lo sconforto, non solo tra gli amanti della neve, ma anche da chi si aspettava una stagione normale”.

Quell'anno la potenza dell'anticiclone aveva messo in crisi perfino la collaudatissima tradizione dei “giorni della merla” , notoriamente i più freddi dell'anno. Ora la domanda sorge spontanea: se il periodo più freddo dell'anno aveva fatto misurare temperature da primavera inoltrata, che ne fu dell'estate successiva? Fortunatamente il ragionamento non è cosi logico come potrebbe sembrare. I grandi pionieri della meteo come i generali Bernacca e Baroni sostenevano che “la stagione nuova è figlia di quella passata“, ma da allora molte cose sono cambiate, è cambiato l'assetto generale della circolazione dell'atmosfera, è cambiato soprattutto il clima.

A differenza di allora adesso, per capire questi cambiamenti, possiamo contare su studi più aggiornati, su tecnologie più sofisticate, su metodi di calcolo più performanti, sugli indici teleconnettivi. E qui tocchiamo un tasto dolente: anche, in quest'ultimo campo ci troviamo di fronte ad una esplorazione pionieristica e dunque i risultati empirici e statistici sul lungo termine possono essere paragonabili a quelli che si potevano ottenere 20-30 anni fa in una previsione ad una settimana. Tra la gente, poco disposta a comprendere ma molto a giudicare, nasce così “il grande bluff”.  In quel “non gennaio” del 2008 il fallimento delle tendenze stagionali aveva portato la malfiducia della gente verso questi importantissimi studi, esattamente in proporzione di come la primavera incipiente aveva soppiantato la neve prevista. Ma il tempo non ha umore, segue le sue leggi, condite da qualche nota stonata, ma pur sempre al di sopra delle parti.

E spesso questo gioca a beffare persino la statistica. Pensate che solo un anno prima, esattamente il 19 gennaio del 2007, si verificò ancora una volta una situazione di mitezza estrema nel bel mezzo dell'inverno, anche se in verità quell'anno di inverno veramente non se ne vide traccia. Una tempesta ben distesa sul nord Europa, tanto feroce che il suo nome, Kyrill, fece la storia della climatologia e viene tutt'ora posto come caso di studio per i Sinottici. Ebbene quel 19 gennaio il Foehn anticiclonico portò temperature record su diverse regioni d'Italia: Torino e Cuneo 27°C, Villaputzu (Sardegna) 25°C, Piacenza 24°C, Milano Malpensa, Parma, Bari e Lecce 23°C, Ancona e Bolzano 22°C, Milano Linate e Bologna Borgo Panigale 20°C.

Ora, al di là di tutto, sorprendente risulta a conti fatti, l'analogia con la giornata odierna. Quel 19 gennaio di otto anni fa, la nostra Penisola si trovò sotto l'azione congiunta di un anticiclone dinamico subtropicale atlantico ben strutturato a tutte le quote e colmo di aria molto calda, unitamente a un effetto favonico indotto a sud delle Alpi dalla rotazione oraria delle correnti in discesa all'interno dell'alta pressione stessa. L'effetto compressione che si verifica in questi casi raddoppia il salto e determina una classica situazione di favonio senza sbarramento, con rialzo delle temperature sottovento (sull'Italia in questo caso) su valori da primato del caldo.

Otto anni dopo ecco un fenomeno del tutto analogo, in un contesto generale che corre in sintonia con il mese più caldo di sempre, con l'anno più caldo di sempre. Una figura analoga e, se vogliamo, dai connotati ancora più “cattivi”, quasi un pesce fuor d'acqua, un pezzo di estate immerso in una stagione che non è la sua. Va da sè che, in otto anni, tre episodi di caldo estremo con abbattimento di record storici nel bel mezzo di gennaio, iniziano a stare un po' stretti, anche per una climatologia temperata come la nostra.

Luca Angelini

Una spettacolare nevicata saluta il 2014 a Cagliari

L’appena trascorsa notte di San Silvestro verrà indubbiamente ricordata dai cagliaritani per la spettacolare e coreografica nevicata che ha accompagnato il cenone ed il veglione. La città del sole, delle palme, dei colli che si affacciano sul mare cristallino, mediterranea ma cosi esotica e dalle forti influenze arabe, per una notte si ricopre di un velo magico che le conferisce un aspetto unico e suggestivo. Per 30 minuti circa, la dama bianca allontana grandi e piccoli dalle tavolate; l’evento, si sa, è raro e con tempo di ritorno pluridecennale pertanto è meritevole di essere immortalato da chiunque con smartphone e macchine fotografiche.

I fiocchi, di grosse dimensioni, vengono osservati in ogni punto della città fino al lungomare Poetto. In alcuni quartieri, complici le temperature al suolo oscillanti tra 0°C e 1°C ed i bassi valori di umidità, la neve attacca pure, come non avveniva dal 3 gennaio 1993, creando un leggerissimo velo bianco sui prati e sulle auto. Nel circondario del capoluogo sardo la neve resiste al suolo per tutta la nottata e fino alle prime luce del 2015. L’evento, sia per durata che per estensione, è sicuramente superiore ai precedenti e recenti 12 febbraio 2010, di cui si rimanda al report pubblicato su meteonetwork http://www.meteonetwork.it/sites/default/files/neve_Cagliari.pdf , e 11 febbraio 2012. In entrambe le occasioni i fiocchi vennero avvistati in più punti della città senza però attaccare. Per le nevicate con accumulo bisogna tornare indietro al 3 gennaio 1993 e al famoso gennaio 1985.

Le potenzialità per la nevicata erano comunque già presenti il 30 dicembre. Fiocchi sporadici avevano fatto una fugace comparsa, nelle ore notturne, nei settori occidentali del capoluogo.

La nevicata è da imputarsi alla forte avvezione fredda di matrice continentale che ha interessato maggiormente la Sicilia ed il sud peninsulare, dove le nevicate hanno assunto diffusamente caratteristiche da record. La Sardegna, in questa occasione, si è trovata ai margini del canale freddo. Sicuramente non un’ondata fredda record per la nostra isola ma comunque degna di essere ricordata per le nevicate che hanno raggiunto il mare in più punti sui settori orientali e meridionali, e per le temperature minime, spesso prossime o sotto lo zero anche lungo le coste.

L’assetto sinottico, come si evince dall’elaborazione grafica, è da manuale per l’ingresso veemente di correnti gelide nord orientali sul bacino del Mediterraneo: alta pressione delle Azzorre sospinta dall’affondo meridiano del getto in uscita dagli States nord orientali verso le alte latitudini europee in direzione della penisola scandinava e Russia orientale e minimo di bassa pressione sull’Italia meridionale a richiamare, lungo i settori meridionali del campo anticiclonico, correnti fredde di estrazione continentale sul Mare Nostrum. Il minimo di pressione sull’Italia meridionale garantisce il perfetto mix tra aria fredda ed umidità per copiose nevicate sino alle coste sul medio basso versante adriatico, la Sicilia settentrionale ed orientale e localmente il basso versante tirrenico. La Sardegna è invece interessata da forti correnti nord orientali e fenomeni da stau sui versanti orientali, dove le nevicate arrivano fino alla pianura e localmente lungo le coste. Nel corso della notte di San Silvestro il minimo di pressione conosce un temporaneo rinforzo, tale da accentuare la nuvolosità in ingresso sulla Sardegna dal Tirreno. Le termiche superficiali dei Tirreno, attorno ai 18°C e quindi sopra la media del periodo, hanno accentuato il gradiente termico verticale incentivando lo sviluppo di fenomeni convettivi (Tirreno effect). Questi gli elementi chiave che hanno permesso ai rovesci in ingresso dal mare di non perdere tutta l’energia lungo la costa orientale sarda ma di proseguire il loro cammino verso il capoluogo sardo regalando uno spettacolo unico immortalato nelle foto che seguono (fonte www.sardegna-clima.it).

 

 

 

 

 

 

Lombardia: L'Inverno riparte dopo Santo Stefano

La stagione invernale dopo settimane di “latitanza”, ha fatto la sua ricomparsa sulla Lombardia subito dopo le Festività di Santo Stefano.

Un primo “assaggio” invernale lo abbiamo avuto a ridosso dell'8 Dicembre, con freddo moderato e neve a quote collinari.

Ma successivamente l'estensione dell'Alta oceanica verso le nostre regioni settentrionali, non ha contribuito certamente ad una evoluzione meteo sotto i canoni stagionali. Le temperature con il “contributo” oceanico hanno subìto una forte accelerrazione anche in quota, “consegnandoci” un Santo Natale mite oltre le medie stagionali e ben soleggiato. Nella stessa giornata un fronte freddo ha valicato  le Valli alpine, con un “contributo” favonico non indifferente.  Le  temperature massime  localmente hanno “sfiorato” anche i 10°C, tra le province occidentali della Regione.

Finalmente tra la notte del 26 ed il primo mattino del 27 Dicembre, un fronte atlantico è riuscito ad “infilarsi” nel Mediterraneo, per poi “puntare” verso la Lombardia. Il calo termico notturno e le correnti umide atlantiche, hanno contribuito finalmente al primo evento nevoso. Neve più copiosa sui settori orientali della Regione, specie tra Bergamo e Brescia, un “assaggio” tra le Province di Lecco e Como, “coreografica” su alcune zone del varesotto, debole a Milano.

L'aflusso successivamente delle correnti gelide da nord-est ha riportato le temperature nei “parametri” invernali. Le minime in questi giorni sono scesi di alcuni gradi sotto lo zero positivo, e le massime hanno subìto un brusco abbassamento, con valori positivi solo di alcuni gradi.

La stagione invernale ha ripreso il suo “corso” stagionale, ma stando alle ultime proiezioni dei  maggiori modelli previsionali, sarà nuovamente l'Alta pressione oceanica nei prossimi giorni a “regnare” su tutti.

 

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