Sorridiamo, arrivano i giorni della “sberla”

Ricordate quel tale che aveva cavalcato l’insana moda di battezzare le perturbazioni e gli anticicloni? Ebbene, rimasto ben presto a corto di fantasia, considerato soprattutto il gran numero di alte pressioni rispetto ai limitati personaggi dell’inferno dantesco, pensò bene di imbastire previsioni imboccando la strada degli aforismi popolari, che altro non sono se non i comuni proverbi. Si, esatto proprio quelli: rosso di sera, nubi a pecorelle… et voilà previsione cannata.. ehm pubblicata.

Senza prender lezioni da quel genio della comicità che è Checco Zalone, tutti dovremmo aver capito che il tempo ha cambiato le regole e se dopo le nubi a pecorelle la pioggia può diventare “sole a catinelle”, allora anche i giorni della merla possono diventare i “giorni della sberla”. La sberla è naturalmente quella sferrata dall’alta pressione nei confronti del generale inverno, un generale in pensione che riemerge ormai solo dai libri di storia e che, comunque, appare ai nostri occhi con il colore sbiadito di vecchie fotografie.

Che volete che sia? Questo è il conto presentato per il tanto decantato progresso. L’inverno? Sorpassato, così come del resto retro son considerati coloro che parlano di etica, di ambiente, di ecologia in un mondo che punta tutto sullo sviluppo, dove qualcuno, cari amici, arriverà al punto di farsi disegnare i modelli da Giugiaro, pur di far credere che il clima non sia cambiato. Rimanevano solo i giorni della merla: emigrata da tempo negli USA, anche l’impavida merla ha però gettato la spugna avanti ad un monster anticiclone di tale portata.

Nino, Nina, Pino o Pina poco cambia; la musica viaggia a quattro quarti e gli ultimi giorni di gennaio in questo spicchio di mondo pesano quanto i primi giorni di aprile. Eppure c’è ancora chi, nostalgico come il sottoscritto, aspetta ancora che arrivi il freddo, che arrivi la neve. E’ a proprio persone come me, come noi, come voi, cari amici, che è dedicato questo schiaffo, pardon questa sberla, e i giorni a lei dedicati sicuramente non si smentiranno.

Luca Angelini

La disinformazione corre sui Social, uno studio rivela peccati e peccatori

Domanda semplice semplice: chi di voi, cari amici, avrebbe il coraggio di bere attingendo da una fonte non sicura? La risposta è quasi scontata. Ma se l’acqua non potabile è un rischio serio per la nostra salute, le notizie di dubbia provenienza lo sono per la nostra informazione. Perchè dunque molta gente attinge notizie dai social media piuttosto che affidarsi a fonti ufficiali e qualificate?

Al quesito ha dato risposta un gruppo di ricercatori diretto da Walter Quattrociocchi dell’IMT Alti Studi di Lucca, i cui risultati, a dir poco sorprendenti, sono stati resi noti in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” (in lingua inglese) . Lo studio sulla diffusione di voci incontrollate attraverso social media come Facebook mostra come, in assenza di qualsiasi intermediazione, false notizie scientifiche e teorie del complotto tendano a diffondersi in modo virale, facilitate dalla tendenza degli utenti a prestare selettivamente attenzione solo alle informazioni che confermano le proprie idee o i propri pregiudizi.

Quattrociocchi e colleghi hanno sviluppato un’ampia e approfondita analisi quantitativa delle pagine di Facebook, concentrandosi sui meccanismi di diffusione di due tipi di notizie: quelle scientifiche e quelle che non hanno fondamenti scientifici, ma che vengono presentate come tali. Molti di voi conosceranno la, chiamiamola, teoria delle scie chimiche oppure le false notizie sul legame fra vaccini e autismo. Gravi conseguenza avrebbe potuto arrecare una recente notizia, secondo la quale un’esercitazione militare sul suolo americano denominata “Jade Helm 15” sarebbe stata in realtà un tentativo di colpo di Stato ordito dall’amministrazione Obama. Pensate che quest’ultima bufala ha avuto un’eco tale da indurre il governatore del Texas ad allertare addirittura la Guardia Nazionale.

Cosa è stato scoperto dunque in questo studio? In buona sostanza è stato accertato che gli utenti tendono a selezionare e condividere i contenuti relativi a uno specifico genere di notizia, secondo uno schema che ricalca il cosiddetto pregiudizio della conferma, la conferma di un’idea di cui si è già convinti. Si creano così gruppi solidali su specifici temi che tendono a rafforzarsi e a ignorare tutto il resto, comprese le fonti corrette: le discussioni spesso degenerano in litigi tra estremisti dell’una o dell’altra visione, con un’ulteriore rafforzamento della polarizzazione.

Il processo, come è facile comprendere, sta alla base della disinformazione e una volta nato, sarà praticamente impossibile fermarlo con una pericolosa deriva della notizia falsa e conseguente ulteriore allargamento del bacino d’utenza potenzialmente disinformato. I cosiddetti posts sui social network diventano virali e prendono il posto delle fonti ufficiali che a loro volta, son costrette ad agire scorrettamente ingigantendo titoli e manipolando i contenuti.

Insomma, la disinformazione corre sul filo e sta facendo terra bruciata. Là in mezzo ci siamo anche noi, pochi però ci arrivano e dalla cenere non possono nascere i fiori…

Luca Angelini

Traffico di perturbazioni sul tempo dell'Epifania

Il quadro sinottico generale sullo scacchiere euro-atlantico evidenzia un letto di correnti tese dal medio’oceano verso i Paesi mediterranei che trasportano aria temperata e umida con una prima perturbazione pronta ad affrontare da questa notte (notte su martedì) l’Italia. Sul nord Europa invece, e precisamente sull’area settentrionale scandinava, agisce un campo di alta pressione, quale propaggine estrema dell’anticiclone siberiano. La discesa di latitudine di questo anticiclone metterà in modo una seconda perturbazione, attualmente in via di formazione a sud del Regno Unito, la quale ci raggiungerà a partire da martedì pomeriggio.

Nel corso delle prossime 48 ore la spinta retrograda di questo anticiclone causerà trasferimento di geopotenziale  dalla Scandinavia alle coste groenlandesi. La rotazione oraria della massa d’aria gelida lungo il bordo dell’anticiclone stesso, determinerà una propagazione dell’asse di promontorio verso il mare del Nord. In questo modo le correnti atlantiche saranno costrette ad una vistosa ondulazione meridiana entro la quale si svilupperà una profonda saccatura destinata al Mediterraneo e all’Italia proprio tra martedì 5 e il giorno dell'Epifania.

Stringendo il quadro a scala nazionale, possiamo individuare le due perturbazioni che si andranno sviluppando in rapida sequenza in testa alla saccatura sopra menzionata. Gli avamposti della n.1 già questa sera (lunedì sera) accosteranno alla Sardegna e alle regioni di nord-ovest. La velocità delle correnti in quota, quelle che in sostanza guidano le perturbazioni, sarà tale da spingere nubi e piogge soprattutto verso le nostre regioni centrali e meridionali nella mattina di martedì 5.

A seguire la perturbazione n.2 che darà continuità al rischio di fenomeni, estendendosi probabilmente tra pomeriggio e sera anche alla Romagna e al Triveneto, poi un corpo nuvoloso post-frontale, attivato dall’ingresso di aria fredda polare marittima, seguirà la medesima traiettoria nella giornata di giovedì 7, accompagnandosi a rovesci sparsi.

Detto questo, ecco qualche indicazione previsionale per i prossimi giorni

MARTEDI  5 peggiora in nottata in Sardegna e su gran parte del centro-sud con tendenza a piogge. Neve fino a 1.400 metri sull’Appennino centrale, a quote elevate al sud. Fenomeni meno probabili sulla Sicilia, dove prevarrannocondizioni di variabilità. Nubi basse in val Padana con freddo umido, variabilità in Liguria, schiarite sulle Alpi centro-orientali, brevi nevicate su quelle di confine occidentali. Ventoso al centro-sud e sulle Isole, con mari molto mossi. Temperature superiori alla media al centro e al sud.

EPIFANIA subentra l’aria fredda in coda alla perturbazione n.2 che generà condizioni di spiccata instabilità su tutto il centro-sud, sulle Isole Maggiori e sulla Romagna. Rovesci sparsi e intermittenti, possibili ovunque, con limite della neve che scende fino a 1.000 metri sull’Appennino centrale, a 1.400-1.500 metri su quello meridionale. Nevicate anche lungo la cresta di confine delle Alpi centro-occidentali sino a 600-800 metri. Nubi e schiarite sul resto del nord. Subentra il Maestrale con calo delle temperature.

TENDENZA PER GIOVEDI 7: ultimi rovesci al sud, poi variabilità ovunque, con possibili schiarite e clima più freddo. Nel corso della giornata nuove nevicate in arrivo sulle Alpi occidentali.

Luca Angelini

Il tramonto dell'anticiclone sui cieli di fine anno

Vuoi vedere che si camba? Certo, parlare di cambiamento definitivo dello stato del tempo è assolutamente prematuro tuttavia, considerando che un grande viaggio inizia sempre con un primo piccolo passo, pare corretto accogliere con entusiasmo anche questi piccolo sussulti dell'inverno. Sussulti che poi, sull'Europa dell'est, tanto piccoli non saranno, dato che nei primissimi giorni del nuovo anno si piazzerà un macigno gelido da 24 gradi sotto lo sero.

Ma torniamo ora al tempo di casa nostra: dopo settimane di dominio, tra molti alti e pochi bassi, il ciclope del tempo bello stabile sta per subire un duplice attacco. Ad est scendono minacciose le ire dell'ormai nota saccatura russa colma di aria gelida continentale, mentre ad ovest corrono veloci i venti atlantici, organizzati intorno ad una saccatura rifornita di aria fredda polare marittima (vedi prima figura qui sotto).

Le sentinelle del ricambio d'aria previsto sarà laffidata all'irruzione di venti di Bora e Maestrale tra il 29 e il 31 dicembre. 

Con il vento entro fine anno potremo apprezzare anche un certo calo delle temperature (si torna in media signori!) e, udite, udite, con il nuovo anno sembra anche probabile un benefico ritorno di pioggia e neve. Neve in pianura? Capisco l'eccitazione dovuta alla lunga astinenza da “dama bianca”,  infatti sembra quasi di sentire là dietro lo schermo le domande di molti di voi, cari lettori però, come sapete, non lo potremo sapere prima di 48 ore dall'eventuale occasione.

E allora che le danze abbiano inizio: i ballerini sono tutti schierati là, ben visibili nell'immagine da satellite (ore 16.00 di oggi). Ci sono proprio tutti: il primo dei due impulsi gelidi già pronto a nord del mar Nero (lettera”a”) e il secondo, quello più “cattivo” che si va organizzando nell'angolino russo in alto a sinistra del vostro teleschermo(lettera “b”). Dall'altra parte ben schierate le bande nuvolose legate alle perturbazioni atlantiche: la n.1 che si spezzerà domani (martedì 29) all'altezza delle Alpi occidentali e scivolerà poi mercoledì 30 verso la Tunisia, non senza aver portato qualche pioggia su Liguria e Sardegna.

Al suo seguito un primo impulso freddo atlantico  (i ciottoli nuvolosi che seguono la banda nuvolosa del fronte) sfilerà verso il Regno Unito, dove pioverà ancora e anche parecchio, ma fornirà soprattutto uno strato ideale sul quale si svilupperà la perturbazione n.2, attesa al nord il giorno di San Silvestro., pur con risultati modesti (qualche spruzzata di neve lungo la cresta alpina e niente più). Intanto sulle regioni ioniche si faranno sentire gli avamposti periferici della circolazione gelida continentale, che daranno luogo a qualche rovescio sulle regioni estreme, prima di fare inversione ad “U” e tornare verso i Balcani.

Poi noi Italiani festeggeremo l'arrivo del nuovo anno e solo allora sapremo se una terza perturbazione, che al momento deve ancora formarsi sull'Atlantico, potrà far cominciare bene il 2016 con un po' di neve. Basterebbe un giorno così per far dimenticare 65 giorni di anticiclone? Che dire, noi Italiani ci accontentiamo di poco….. o no?

Luca Angelini

Clima: a Parigi 2015 chi si ferma è perduto

Da quel lontano dicembre del 1997, quando al tavolo delle trattative i leader di 180 Paesi si erano dati la mano per assicurare al Pianeta un ambiente più dignitoso, ne è passata di acqua sotto i ponti. Nel frattempo iprotocollo di Kyoto è diventato maggiorenne, altra acqua è passata dalla ratifica dell'accordo alla sua attuazione (febbraio 2005), non quella piovana però, visti gli scenari siccitosi che emergevano man mano dalle simulazioni elaborate dagli scienziati, riunitisi nell'Intergovernmental Panel on Climate Change, 

Da allora si sono susseguite conferenze di aggiornamento sullo stato dell'arte, tuttavia i risultati concreti si sono rivelati modesti. Ora siamo a Parigi 2015, l'aria che gira tra i 195 negoziatori è quella di chi sa che perdere l'ultimo treno significherebbe andare a piedi. E forse, visti i dati sulle emissioni di gas inquinanti, con l'Italia che si trova in testa per mortalità da smog, sarebbe anche un bene.

Intanto ogni leader avanza la sua proposta personalizzata, Obama fa sapere che gli USA hanno passato la palla di Paese più inquinante a India e Cina, Hollande accosta cambiamento climatici e immigrazioni di massa, con relativi rischi terroristici, e c'è ben da capirlo, Renzi gioca abilmente con le parole, mentre Putin, la Merkel e Cameron puntano più sul concreto proponendo l'impegno comune di abbattere le emissioni del 40% entro il 2030 così da limitare il riscaldamento globale a +2°C.

Nel coro stonano un po' le parole del premier indiano Narendra Modi che, pur riconoscendo la necessità di affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici, ha avvertito: “Il cambiamento climatico non l’abbiamo prodotto noi e i Paesi in via di sviluppo hanno il diritto di continuare a usare il carbone se questo serve a far crescere le loro economie”. Una ragione discutibile, ma pur sempre una ragione. L’11 dicembre, giorno di chiusura dei lavori e le conclusioni.

Luca Angelini

Obiettivo inverno, quanta neve è caduta finora sui Paesi del grande nord?

Quando si parte per un viaggio è imprescindibile accertarci se abbiamo carburante sufficiente per giungere a destinazione. Anche l'inverno sta per iniziare il suo lungo tragitto, un percorso che ci accompagnerà dal prossimo 1° dicembre per i successivi tre mesi. Di questi tempi, con la macchina climatica non certo favorevole, la stagione fredda dovrà certamente superare diversi ostacoli e deve perciò poter contare fin da subito su di un serbatoio di gelo ben rifornito.

Grazie alle rilevazioni satellitari questo importante particolare, utile anche in chiave predittiva, è accessibile sulla rete in tempo quasi reale e permette dunque di calarci nella realtà prima ancora di volare con la fantasia. Certo, perchè di gelo e neve negli ultimi giorni è stato scritto e detto molto, troppo, il più delle volte a sproposito. Urge allora andare a metter mano alla questione e andare a cercare il gelo là dove è di casa, non solo sulla calotta polare, ma anche sui territori continentali già innevati.

La prima figura, elaborata dalla NOAA, ci mostra l'attuale copertura glaciale (colore giallo) e quella nevosa (colore bianco). La seconda, elaborata dalla Rutgers University, completa questo quadro suggerendoci quello che a noi più interessa, ovvero, quali anomalie si riscontrano a livello della copertura nevosa continentale. Eh si, perchè il serbatoio del gelo che potrebbe venire a noi destinato alla circolazione atmosferica, nasce proprio là, sugli sterminati campi innevati della pianura russo-siberiana.

Ebbene, nonostante la persistenza di un campo di alta pressione anomalo, l'Europa ne esce tutto sommato dignitosamente, con solo una lieve anomalia a cavallo della Russia europea. Di buon auspicio invece appare l'evidente cintura di ottimo innevamento sulla fascia asiatica centrale e la vasta porzione siberiana nella norma, quindi sufficientemente innevata. 

Bene, accertato che il serbatoio è potenzialmente rifornito, rimane ora da capire se il motore atmosferico sarà in grado di far partire questo freddo alla volta del Mediterraneo e dell'Italia. La “chiave di avviamento” delegata dall'indice NAM (ovvero dai flussi di ozono che regolano l'attività della circolazione circumpolare) pare non essere quella giusta. D'altra parte non di solo NAM vive l'inverno, dunque rimane ancora lecito sperare in una stagione che superi l'impasse deludente degli ultimi anni e ritrovi il suo candido fulgore.

Luca Angelini

Clima: siamo a +1°C rispetto all'era pre- industriale

Si parla di qualcosa come 1°C, o poco più, in 150 anni: secondo una nota appena diramata del Met Office, le temperature globali del nostro Pianeta hanno superato l’unità rispetto alla media pre-industriale. Il valore esatto, secondo set di dati HadCRUT gestito congiuntamente dal Met Office e il Climate Research Unit presso l’Università dell’est Anglia, sarebbe+1,02°C, con un margine di errore di circa +/- 0,11°C.

A prima vista sembrerebbe un valore irrilevante, ma in realtà non lo è affatto. Stephen Belcher, direttore del Met Office Hadley Centre, indica l’attuale episodio di El Nino quale responsabile principale di questa nuova impennata del campo termico planetario, ma con il contributo delle emissioni cumulative di origine antropica non è escluso che ben presto potremo inoltrarci verso condizioni climatiche fino ad ora inesplorate.

Peter Stott, capo del Climate Monitoring and Attribution, ha dichiarato: “Quest’anno segna un importante precedente, ma questo non significa necessariamente ogni anno da ora in poi dovrà attestarsi ad 1°C o più al di sopra dei livelli pre-industriali, dato che la variabilità naturale sarà ancora giocare un ruolo nel determinare la temperatura a scala annuale”. Ciò nulla toglie al trend di salita pressochè inarrestabile che, alla fine, è quello che conto ai fini di analisi.

Secondo il Met Office, le ricerche ancora in corso suggeriscono che è ancora possibile limitare il riscaldamento a 2 ° C rispetto ai livelli preindustriali a patto che vengano tagliate da subito le emissioni cumulative di CO2.

Luca Angelini

Ciclone mediterraneo: danni e disagi nel Salento

Il ciclone mediterraneo formatosi nei pressi della Sardegna tra la serata di venerdì e la mattinata di sabato ha richiamato aria caldo-umida ed instabile verso le regioni ioniche italiane, alimentando violenti nubifragi dapprima sulla Sicilia orientale e a seguire su Calabria e Puglia meridionale.

La penisola salentina è stata investita in poche ore da due intensi sistemi temporaleschi (MCS) in rapida successione, i quali, muovendosi da SW verso NE, hanno dato luogo a precipitazioni ingenti con intensità fino a 400mm/h accompagnate da raffiche di vento superiori agli 80km/h (punta di 110km/h a Gallipoli) ed elevata attività elettrica. In zona, in poche ore, caduti quasi 9.000 fulmini.

                                              Fulmini tra le 08:40 e le 14:40 (meteo.it)

I nubifragi hanno interessato tutta l’area compresa tra il Capo di Leuca ed i settori meridionali di tarantino e brindisino, ma i fenomeni più intensi hanno colpito con particolare insistenza la provincia di Lecce centro-meridionale. Moltissimi disagi alla circolazione stradale soprattutto nelle aree urbane a causa di allagamenti e alberi divelti dalla furia del vento.

      

                               Melendugno (Michele Pellè)  e Nardò (Paola Antico)

                                                            Maglie (telerama.it)

                                               

                                                    Taurisano (Stefano Marigliano)

Tra Maglie e Melpignano il crollo della copertura di una stazione di servizio ha fatto temere il peggio, ma fortunatamente non vi era nessuno nei paragi.

                                                          (Margherita Scarafile)

Molti disagi anche alla viabilità extra-urbana a causa di numerosi tamponamenti avvenuti sia sulla tangenziale di Lecce sia lungo la Lecce-Maglie, causati dalla visibilità ridotta durante i nubifragi e dalla presenza di foglie, rami e detriti lungo le carreggiate. Nel primissimo pomeriggio il traffico è andato in tilt, causando una coda di autovetture lunga diversi km.

                          Incidente e incolonnamenti sulla SS16 Lecce-Maglie (leccenews24.it)

Il peggio sembra oramai passato, ma fino alla prima parte di domenica permarranno generali condizioni di instabilità atmosferica con possibilità di rovesci e temporali irregolari, i quali tuttavia non raggiungeranno l'intensità delle scorse ore. 

Riportiamo gli accumuli pluviometrici più rilevanti registrati fino alle ore 16:30 dalla Rete Stazioni MeteoNetwork.it e dalla Rete della Protezione Civile regionale:

42mm Collepasso

43mm Tuglie

44mm Ruffano

45mm Soleto

49mm Felline

50mm Galatina

51mm Maglie

56mm Nardò

64mm Vignacastrisi

65mm Melendugno e Minervino

66mm Presicce

70mm Spongano

71mm Corigliano d’Otranto

75mm Cerfignano

80mm Otranto

Staff MeteoNetwork Puglia | 10.10.2015

Oceani e CO2, la singolare situazione dell'Antartide

Gli oceani si comportano come giganteschi polmoni, in grado di assorbire dall’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica, il più incisivo tra i gas serra. Tra questi, particolare attenzione è rivolta all'Oceano Antartico, cintura di mare che circonda il continente di ghiaccio. Si è calcolato che le sue acque assorbono da sole il 40 per cento delle emissioni di CO2 in eccedenza, ossia quelle dovute al consumo di combustibili fossili.

Nei primi anni 2.000, tuttavia, gli studiosi scoprirono che di lì a breve questo “pozzo di carbonio” avrebbe potuto saturarsi. Fino ad allora si riteneva che esistesse una relazione tra la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera e la capacità di assorbimento degli oceani, ma sul campo la relazione non ha restituito risultati del tutto univoci. La buona notizia, in tale ambito, è che l’Oceano Antartico ha ricominciato ad assorbire anidride carbonica a tassi elevati dopo una pausa che durava dai tardi anni ottanta, scongiurando il pericolo che fosse arrivato alla saturazione. Lo afferma un importante studio pubblicato sulla rivista scientifica  “Science” da Peter Landschützer del Politecnico di Zurigo nell’ambito di una collaborazione internazionale.

Lo studio ha dimostrato che la capacità di assorbimento dell’Oceano Antartico può variare notevolmente. Ma qual è l’origine di questa variabilità? Secondo i ricercatori, è da imputare al cambiamento degli schemi meteorologici. I rapidi cambiamenti climatici in atto, hanno alterato gli schemi della pressione atmosferica e con essi gli schemi dei venti. Negli anni novanta, ad esempio, i venti sull’Oceano Antartico erano mediamente più intensi rispetto ad oggi, e hanno determinato un attivo processo di rimescolamento degli strati dell’oceano, che permettevano alle masse d’acqua profonde di risalire verso la superficie con maggiore facilità.

Poiché questi strati profondi contengono una concentrazione più elevata di anidride carbonica disciolta, il rimescolamento ha portato a una maggiore cessione di anidride carbonica in atmosfera, e una minore capacità di assorbimento. Dall’inizio degli anni 2.000 invece, l’emersione di acque degli strati profondi è diminuita, eccetto che nel settore del Pacifico, causando così una ripresa di assorbimento da parte del “pozzo”. 

Ipotesi per il futuro? I ricercatori non si sbilanciano. Saranno necessari ulteriori studi , con misurazioni delle concentrazioni di anidride carbonica a griglia più fine, che permettano un miglior dettaglio, onde individuare l’andamento di tutti i parametri fisici e biochimici coinvolti, sia nell’Oceano Antartico, sia nello strato atmosferico che lo sovrasta.

Luca Angelini

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